Domenica XXXII T.O.(Anno B)
Se invece della casa di Sarepta dove ad
attendere Elia stava una vedova ormai stremata dalla carestia e dalla povertà,
il Buon Dio volesse indicare, ora, la casa nostra, dove abitiamo e cerchiamo di
resistere nella carestia di valori e, per alcuni, anche di sostegni economici?
Quale accoglienza per l’uomo di Dio saremo in grado di offrire? Gli diremo che
non abbiamo tempo di ascoltarlo, di andare alla mensa dei frati che un primo e
un secondo, alla domenica, li danno a tutti. Siamo talmente poveri di “timor di
Dio” che non c’importa nulla della sua Chiesa, ormai quasi come un deserto, che
preti e simili stanno meglio di tanti poveri disgraziati. Eppure quello si
presenta proprio alla tua porta, e quel poco che hai, te l’hanno insegnato e
testimoniato i tuoi genitori, il tuo vecchio parroco, lo condividi, hai fiducia
nel Signore ed ecco:“…la farina della giara non venne meno e
l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva
pronunciato per mezzo di Elia.” (dal Primo Libro dei Re).
E’ proprio vero, chi è povero nel Signore,
trova consolazione. San Francesco di Sales diceva di lasciare volentieri le
altezze alle anime grandi, perché se non si è capaci di un ruolo così elevato
nel servizio di Dio, lo si può, comunque, servire in cucina o come fornai, oppure
essere suoi servi, suoi facchini, magari suoi camerieri. Perché questo Re di
gloria non dà ai suoi servi le ricompense secondo il livello dei compiti
assegnati, ma secondo l’amore e l’umiltà che hanno messo nell’esercitarli.
Oltretutto, se sapremo anche impegnarci con sincerità nella preghiera, il Salmo
ci ricorda:
“…il Signore rialza chi è caduto, il Signore
ama i giusti, il Signore protegge i forestieri, egli sostiene l’orfano e la
vedova.” (dal Salmo 145)
Tutto questo avviene grazie alla sua Divina
Provvidenza che giunge attraverso strade inimmaginabili, solo che ci si lascia
trasformare dalla fede, come fece la vedova di Sarepta. E’ una Provvidenza che
tanti di noi possono testimoniare perché nel corso della vita di ciascuno è
sicuramente capitato di essere caduto e di aver trovato qualcuno che ha
allungato la mano per invitarti a rialzarti. In questa ottica ecco che le opere
di carità e di giustizia assumono quel ruolo di aiuto in
special modo per la donna (la vedova) e per il figlio (l’orfano) quando si
trovano vedova, con il marito vivo, e orfano, con il padre presente. Quanto
possono raccontarci in proposito le volontarie e i sostenitori delle attività
dei Centro di Aiuto alla Vita! Che, in ogni caso, operano in povertà, perché il
bambino nel grembo materno, già orfano di entrambi i genitori, quando decidono
di abortire, non commuove più di tanto e, pertanto di offerte ne arrivano
proprio poche. Eppure, con quella fede, sempre come quella della vedova di
Sarepta, si va avanti perché:
“…una vedova povera vi gettò due monetine…allora,
Gesù disse loro: “in verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato
nel tesoro più di tutti gli altri.” (dal Vangelo di Marco)
E’ grazie a quei due euro, significati dal
ragionamento di Gesù, che si può dare speranza alla vita di ogni creatura che il
Buon Dio offre all’umanità. Il rifiuto, anzi il disprezzo di quel gesto rimane
come una pietra che:
“…e come per gli uomini è stabilito che
muoiono una sola volta, dopo di che viene il giudizio.” (dalla Lettera agli
Ebrei)
In quella condizione, in questa condizione di
povertà non è difficile immaginare quale potrà essere il giudizio, ma in questo
momento ci deve essere solo facile pensare all’abbraccio che avrà accolto, nel
giudizio, la nostra sorella vedova di Sarepta.
1Re 17,10-16
/ Sal 145(146) / Eb 9,24-28 / Mc 12,38-44
digiemme