17 dicembre 2016

EMMANUELE, DIO CON NOI



Quarta domenica di Avvento
Oggi metto in evidenza che nelle letture proclamate ci sono tre persone:
una donna    : Maria
un uomo       : Giuseppe
un bambino : Gesù
Maria e Giuseppe sono sposati e sono i genitori di Gesù, formano una famiglia, questa è la famiglia che ci indica il Buon Dio. Chiaro e semplice, non ve ne possono essere di altro tipo perché Lui ha voluto e vuole così.
Poteva “discendere” sulla terra in mille modi, ma ha scelto, quella famiglia, il luogo dell’amore per eccellenza. Lo si tenga ben presente, sempre: in chiesa, nelle case, sul lavoro, nel sociale, in politica. 
Chi tradisce questa verità e si prodiga per altri generi di famiglia è fuori da quel progetto, si pone in stato di peccato grave.
Detto questo, lasciamoci trasportare dalla narrazione che inizia con il profeta Isaia: “…ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele”.
Già la precisione “concepirà” la dice tutta sulla vita di quel figlio la cui vita inizia, quindi, non con il parto, ma con il suo concepimento. Giusto per ribadire che la vita è così e bloccarla prima del parto significa uccisione, cioè atto delittuoso.
Sappiamo, poi, che non è solo un qualcosa di avvenuto, sappiamo che ci riguarda perché Isaia dice che il “figlio” si chiamerà Emmanuele, Dio con noi, cioè, Dio che è per noi, si affianca a noi, lo possiamo vedere, toccare, onorare, amare. Come viene affermato dal Salmista: “…ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto Dio di Giacobbe”.
La generazione di Paolo quel volto l’ha veramente cercato: “…Cristo nostro Signore, per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome”.
Noi, ultima generazione in termini di tempo, lo stiamo cercando veramente quel volto? O andiamo alla ricerca di volti uguali ai nostri? Che dicano quello che ci piace sentirci dire, che si fanno vedere belli e affascinanti con trucchi e plastiche, mentre dietro le maschere si nasconde putridume. Ma, soprattutto, stiamo suscitando l’obbedienza della fede a tutte le genti?
Possiamo ancora salvarci, abbiamo l’esempio di Giuseppe che ha capito a quale volto faceva riferimento il Salmista, il Dio di Giacobbe, il Dio del suo popolo e pur, con difficoltà superate con una grande fede, non ebbe più paura:
“…Giuseppe, figlio di Davide non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo, ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Capì che aveva un ruolo ben preciso nel piano divino per l’uomo e se ne fece carico, con umiltà, ma con decisione, con risolutezza, dedicando la sua vita alla cura e al sostentamento della sua famiglia.
Le promesse si mantengono fino alla fine, fin dal momento in cui assegna il nome al figlio, questo è l’insegnamento che ci viene dalla persona di Giuseppe.
Le promesse valgono anche oggi, anche noi oggi possiamo accedere al riconoscimento di quel nome: Gesù, il solo che ci può salvare dai nostri peccati, il solo che, quando ben lo vorremo, pentiti, sarà sempre con noi. L’Emmanuele.
Is 7,10-14 – Sal 23(24) / Rm 1,1-7 / Mt 1,18-24 

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