DOMENICA DI PASQUA
RISURREZIONE DEL SIGNORE
(ANNO B)
(ANNO B)
Mi sento un po’ come Maria di Magdala ogni
volta che varco il cancello di un cimitero, verso uno dei tanti sepolcri che
custodiscono le spoglie dei miei cari, dei miei amici, dei conoscenti da una
vita. Davanti a queste tombe, stare in sosta anche per pochi minuti, permette
di percorrere, come in un flash, anche solo un fatto che ha connotato la vita
del defunto su cui si concentrano la preghiera ed il ricordo. Penso sia questo
il modo con cui si onora chi ci ha preceduto nelle generazioni, sia questo ciò
che viene inteso come “culto dei morti”, e che sia anche così che si costruisce
la comunione dei santi.
Da sempre, l’umanità ha coltivato questa
cultura nei confronti dei defunti. Oggi, questa si sta affievolendo, ma non
voglio approfondire tale tematica, solo ci ho ragionato un poco per immaginarmi
la scena di Maria di Magdala che si reca al sepolcro e lo trova vuoto. Lei
c’era stata quando vi avevano posto il corpo di Gesù, aveva visto lo strazio di
quel corpo, lo aveva pianto e anche lavato con le sue lacrime. Non le bastava,
voleva profumarlo, voleva conservarlo il più possibile, magari pregando il
Salmo: “…rendiamo grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per
sempre.”
Non sapeva ancora cosa sarebbe successo, a lei
bastava stare là, a quel sepolcro perché Gesù non poteva essere lasciato alla
morte. La sua vita era cambiata grazie a Lui e, ancor più, tutto sarà cambiato
quando anche lei avrà visto cosa restava in quel sepolcro:“…allora entrò anche
l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.”
(dal Vangelo secondo Giovanni)
Quei teli lasciati là, quella “Sacra Sindone”
che è arrivata fino a noi, sono stati l’immediato riscontro di ciò che “è
evidente, con Cristo la morte non è più nient’altro che un sonno; è questa una
verità, oggi più luminosa del sole.” (San Giovanni Cristostomo)
Sotto la croce e al sepolcro di Gesù stavano in
pochi e, per come sono andate le cose, era anche ovvio. Eppure quei pochi, poi,
hanno incendiato il mondo e continuano ancora oggi, nonostante tutto. Noi non
c’eravamo allora, ma possiamo starci oggi, rispondendo con sincerità a quella
domanda di un antico canto: “C’eri tu alla Croce di Gesù…c’eri tu al Sepolcro
di Gesù?” Prima di rispondere bisogna sapere che su quella croce, in quel
sepolcro si consumavano, si ergevano tutti i peccati, tutti i mali dell’umanità,
come si consumano e si ergono ancora oggi, forse più di ieri. Questo perché, ancora
“rivolgiamo il pensiero alle cose della terra, anziché a quelle del cielo.”
(dalla Lettera di San Paolo ai Colossesi)
Questo perché il nostro credere è auto
consolatorio in quanto non “partecipiamo pienamente alla conoscenza che Dio ha
di sé stesso e di tutte le cose in lui. Quando, infatti, l’anima, il nostro
credere, è piena di fede, vede, per così dire, con gli occhi di Dio.” (Beato
Columba Marmion)
Dobbiamo, perciò, affidarci con più convinzione
alla fede, anche perché il sepolcro vuoto ha cambiato tutto, cambia tutto: ai
suoi discepoli Gesù : “ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare
che egli è il giudice dei vivi e dei morti, perché costituito da Dio” (dagli
Atti degli Apostoli)
Perciò, quando ci scambiamo gli auguri di
“Buona Pasqua” dovremmo avere la consapevolezza che stiamo annunciando Gesù, il
Nazareno, che è costituito come giudice delle nostre vite, anche se non siamo
ancora morti. Ed è un giudice misericordioso perché ci offre, con l’esempio
della sua vita, la possibilità di porre rimedio ai nostri tradimenti (i baci
della “buona Pasqua”), alla nostra insipienza di fronte alle ingiustizie, ai
nostri peccati nei confronti del Padre e, soprattutto, nei confronti dello Spirito.
E scusate se è poco.
Al cimitero i sepolcri sono pieni di coloro che
sono in attesa, fermiamoci pure di volta in volta, ma davanti al sepolcro vuoto
di Gesù, con gioia, andiamo a raccontarlo a quanti incontriamo nella nostra
vita. Magari, a qualcuno capiterà di sbirciarvi dentro e di credere che anche
per lui Gesù, nostra gioia, è risorto.
At 10,34a.37-43 / Sal 117 / Col 3,1-4 / Gv
20,1-9digiemme