Domenica delle Palme
Anno B
L’immaginario (sicuramente il mio) fissa la Domenica delle Palme in un film che vede la gente frequentare le chiese in misura superiore rispetto agli standard domenicali per via della distribuzione dell’ulivo benedetto. Che viene presentato come un simbolo di pace, da portare a casa, allegri, per appenderlo sopra la testata del letto o all’ingresso dell’abitazione, Eppure, tutto ciò stride con quanto, durante la liturgia, si va poi a vivere con l’ascolto estenuante della passione di nostro Signore Gesù Cristo. S’inneggia, durante la processione, con i rami d’ulivo o di palme, ma si ci si dimentica di stendere i mantelli.
Nel Vangelo i mantelli evidenziano un segno di glorificazione, di umile riverenza nei confronti di colui che si ritiene il Salvatore:“…portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada…” (dal Vangelo di Marco)
Col senno di poi, forse, quei mantelli avrebbero dovuto utilizzarli per proteggere Gesù dal dramma che si sarebbe abbattuto appena dopo l’ingresso trionfale in Gerusalemme. Siamo consapevoli che Gesù non morì contro la sua volontà, né fu la violenza a sacrificarlo, ma offrì sé stesso volontariamente, eppure rimane quel senso di impotenza per quell’esito, che il riviverlo anche solo leggendo il Vangelo, personalmente, mi lascia sgomento. Al punto di sentirmi come il salmista quando scrive:“…un branco di cani mi circonda, mi accerchia una banda di malfattori.”
Pensando che tale versetto Gesù lo ha vissuto sulla sua pelle per tutta la strada dolorosa del Calvario, viene spontaneo porre la domanda sul diritto di opporsi all’ingiustizia, al sopruso e alla profanazione. Mi risponde San Gregorio Magno con “nessuno reagisca, nel ricevere affronti, nessuno ricambi l’insulto con l’insulto. Poiché è più glorioso, secondo l’esempio di Dio, evitare l’ingiuria tacendo che voler avere il sopravvento contrattaccando.”
Perciò, il mantello non sia segno distintivo di militanza, tutt’al più strumento di protezione, di accoglienza, come un manto sotto cui abbracciare quanti hanno bisogno di cura, di amore. Così, per esempio, è rappresentata in molte effigi la Madonna. Così, il cristiano si appresta a testimoniare la sua fede nel Signore, con le opere, ma anche con l’annuncio, come raccomanda il profeta Isaia:“…il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato.”
Perché “nostro Signore incarnandosi ha preso su di sé tutte le nostre infermità. Curandole nel prossimo, è lui stesso che curiamo.” (Beato Columba Marmion)
Infermità che viviamo anche in prima persona, nel corpo quando la malattia ci assale, nell’anima quando siamo impotenti contro il male che avanza inesorabile con le guerre, con il rifiuto di riconoscere la sovranità di Dio sul destino degli uomini. Quel Re, quel Figlio, quel Gesù Cristo cui il Padre:“…gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi.” (dalla Lettera ai Filippesi di San Paolo Apostolo)
Compito del buon discepolo è far capire che conviene a tutto il mondo inginocchiarsi al cospetto di chi ha voluto offrire tutto sé stesso per salvare ogni uomo, anche il più truce, come il centurione, là sotto la croce che aveva fatto innalzare:“…il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, il centurione, che si trovava di fronte a lui, disse: “davvero quest’uomo era figlio di Dio”.” (dal Vangelo secondo Matteo)
Anche quel soldato portava il suo mantello, quale segno, però, di forza, di dominio, cui si sottomisero anche tutti quelli che poche ore prima gridavano “Osanna al figlio di Davide”, quel soldato a cui il Signore dice: “questa croce non è un pungiglione per me, ma per la morte. Questi chiodi imprimano più profondamente in me l’amore verso di voi. Il mio sangue non è perduto per me, ma è donato in riscatto per voi. Il mio corpo disteso anziché accrescere la pena, allarga gli spazi del cuore per accogliervi.” (San Pietro Crisologo)
Di fronte a quella croce, affiancandoci al centurione, almeno noi allarghiamo il nostro mantello, il nostro cuore, per abbracciare, oggi, come in una pietà, Gesù nei nostri fratelli che non si sentono amati da nessuno.
Mc 11,1-10 / Is 50,4-7 / Sal 21 / Fil 2,6-11 / Mc 14,1—15,47
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