Domenica della Divina
Misericordia
Seconda di Pasqua
Anno B
Questa domenica dopo Pasqua ci presenta
l’immagine di Gesù nella Divina Misericordia, con i raggi del suo amore rivolti
verso il basso. Sono rivolte ai suoi discepoli, ancora incerti, che hanno
bisogno del perdono, che confidano, appunto, nella misericordia che solo un
Padre può concedere ai propri figli perché: “…chiunque è stato generato vince
il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.” (dalla
prima Lettera di Giovanni Apostolo)
Su questo punto non si può, a nostra volta,
mollare. Ciascuno di noi viene da Dio, con il suo carico d’Amore che, nella sua
purezza, ci spinge verso la sconfitta del male che infesta il mondo, attraverso
il Santo Battesimo. A questo punto la fede diventa incrollabile, al punto tale
da essere pronti al martirio pur di non rinnegarla.Anche perché le mani benedicenti di Gesù nella
Divina Misericordia, sono quelle che hanno toccato la fanciulla morta e la bara
del ragazzo di Nain. Sono le mani che hanno spezzato i pani per i cinquemila e
con esse ha offerto il suo corpo e il suo sangue nella cena della definitiva
consacrazione. D’altronde “Gesù spezzò il pane. Se non avesse spezzato il pane,
come le briciole sarebbero potute giungere fino a noi?” (Baldovino di Ford)
Oggi, infatti, quelle mani sono le mani del sacerdote, “Alter Cristus” che
rinnovano il suo sacrificio, se riusciamo anche oggi a rivedere in esse le
ferite dei chiodi.
Per far sì che non ci immedesimassimo ancora una
volta, quali novelli Tommaso, nell’apostolo incredulo:“…metti qui il tuo dito e
guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco e non essere
incredulo, ma credente!” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Le parole di Gesù si chiudono con il punto
esclamativo. Non ci può essere dubbio o riserva che tenga, o ci immergiamo
totalmente nella fede e crediamo veramente che nell’Eucaristia si presenta a
noi Gesù in corpo e sangue, spezzato e versato realmente in sacrificio per noi,
oppure andiamo ad altre celebrazioni. Se ancora non si riesce ad ammettere la
nostra tiepidezza, ci viene in aiuto la preghiera del Salmo:“…vi benediciamo
dalla casa del Signore. Il Signore è Dio, egli ci illumina.”
Con tutte le benedizioni che riceviamo non ci
dovrebbe, perciò, essere difficile capire
che possiamo risvegliarci dalla tomba del peccato, rinunciare alla
coltre delle passioni e soffermarci ancora davanti a quella tomba vuota del
Signore. Lui è il vero amico dell’uomo, che libera dalla tirannia del mondo. Un
mondo fatto da uomini che rifiutano Dio, che vogliono sostituirsi a Dio e
ridurre l’umanità in schiavitù. Quello che sta accadendo in Europa è
sintomatico al riguardo. La vita diventa un fatto facoltativo, nel nascere come
nel morire. Non si potranno più esprimere i propri pensieri se contrastano con
i loro perché per legge sono previste condanne e prigione. Così come è già
stato deliberato in Scozia e come si apprestano a fare all’Onu.
Il martirio è proprio dietro l’angolo, non sarà
più solo una testimonianza dei primi cristiani, ma ci chiama a raccolta.
Probabilmente il numero dei credenti si affievolirà, però saranno come: “…la
moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e
un’anima sola.” (dagli Atti degli Apostoli)
I quali volevano essere perfetti e volevano
vivere poveramente, nell’intenzione più fedele della povertà della famiglia di
Nazaret. Così dovrebbe essere anche per noi, oggi. Per grazia di Dio ci sono
molti cristiani, credenti, che vivono in questo modo, così come ci sono,
purtroppo, anche molti cristiani che vivono come increduli, alcuni anche come
creduloni. Da notare, comunque, che Gesù non condannò Tommaso, non lo cacciò da
quella casa; mi piace immaginare che se lo strinse al petto. Così fa ogni volta
che ci accostiamo al confessionale, così ha fatto con me.
Le sue mani, quelle del sacerdote, sul capo ci
imprimano il sigillo del credente.
At 4,32-37 / Sal 117(118) / 1Gv 5,1-6 / Gv
20,19-31
digiemme