IL MIO CUORE: UN CHICCO DI GRANO

 Quinta Domenica di Quaresima
 Anno B


Nessuno nasce cattivo, siamo tutti creature del Buon Dio, in noi è depositato il marchio di fabbrica brevettato, che non è un codice a barre e neppure un QR Code,perché siamo unici, siamo pezzi unici. Proprio per questo il libero arbitrio, che è la capacità di scegliere liberamente nell'operare e nel giudicare,è una caratteristica che ci contraddistingue, che ci porta durante l’intero corso della vita a fare cose buone e cose malvagie.
Da qui la necessità di dover ribadire la verità della nostra origine.
Pertanto, non c’è da meravigliarsi se:“…Io porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore.” (dal Libro del profeta Geremia)
Più avanti lo stesso profeta, constatato che il cuore di quelli era diventato di pietra, ricordava loro la volontà del Signore di voler sostituire il loro cuore  con un cuore di carne. Mi sa che anche questa soluzione non sia stata sufficiente, visto cosa succede tuttora in quegli stessi luoghi. La vendetta e l’odio sono ancora lì ad imbrattare le speranze di pace. Anche noi, che non stiamo da quelle parti o sui confini dell’Ucraina, dobbiamo rivedere alcune cose perché non siamo indenni da quelle aridità che distruggono quanto di buono ci è stato donato, soprattutto con il Battesimo.
Con il Salmo ripetiamo allora:“…crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo.” (dal Salmo 50)
E’ questa, sicuramente una preghiera molto gradita e bisognerebbe elevarla ogni qualvolta ci accorgiamo di quello che succede intorno a noi. San Francesco di Sales ci ricorda che in ogni stadio di vita deve esserci devozione. E ringraziamento per la presenza di Gesù Cristo fra di noi.
Quelli di Geremia non ebbero questo privilegio, ma noi sappiamo che Gesù:“…divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.” (dalla lettera agli Ebrei)
Il problema sta nell’obbedirgli perché, nonostante le buone intenzioni, spesso siamo sviati da richiami che nulla hanno a che vedere con il cristianesimo. Se l’abbandono o il rinsecchimento delle radici cristiane, soprattutto in Europa, sono lì da vedere un motivo ben ci sarà: noi badiamo più al nostro stile di vita, dimenticando che:“…chi ama la propria vita in questo mondo, la perde.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Domandiamoci, allora, quando abbiamo lasciato entrare dentro di noi, in questi ultimi 50 anni, quel seme che non vuole morire; quando abbiamo smesso di comprendere che la Parola di Dio, “compresa”, cioè presa con sé, va custodita nel cuore, in profondità, là dove possa agire nella nostra vita, trasformandola e rendendola un frutto gradito a Dio e a chi ci sta attorno.
Il Signore ci dice che:“…se il chicco, caduto in terra, non muore, rimane solo, se invece muore, produce molto frutto.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
E’ il nostro cuore quel chicco.
Cosa contiene, amore o odio, oppure indifferenza per tutto ciò che gli accade intorno? Nella profondità di uno sguardo, nell’occhio del nostro prossimo si può intravedere se quel cuore è accogliente e generoso. Proprio Gesù ci avverte, infatti, di non cercare la pagliuzza nell’occhio dell’altro, quando nel nostro c’è una trave, che non permette di vedere più nulla di buono. Bisogna per prima cosa, allora, estirpare questa pianta che non va lasciata germogliare. Appunto bisogna lasciare morire quel seme, bisogna in qualche modo riuscire a capire che la vita del mondo, non la nostra vita che è un dono, va odiata, va rifiutata, perché:“…chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Solo così, fin da ora, possiamo vivere in pace e ritrovare la gioia di vivere. E il maligno non potrà più fare crescere e mettere fronde al seme da lui diabolicamente modificato. Lui ci prova continuamente, ma se noi offriamo il nostro cuore solo al seminatore Gesù Cristo che continua ad uscire a seminare, non abbiamo nulla da temere ed avremo vita in abbondanza, anche per i nostri fratelli.
Ger 31,31-34 / Sal 50(51) / Eb 5,7-9 / Gv 12,20-33 
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