Quinta Domenica di Pasqua
Anno B
Ma davvero stiamo parlando del Signore alle
generazioni dei nostri figli e dei nostri nipoti? “ …si parlerà del Signore
alla generazione che viene, annunceranno la sua giustizia.” (dal Salmo 21). O piuttosto, proprio la generazione del
Concilio Vaticano II ha preferito camuffare il messaggio evangelico,
trasformare la sua Sacra Liturgia? Lasciando che il mondo entrasse a gamba tesa,
sconvolgendo capisaldi quali il matrimonio, la famiglia, la vita, l’autorità.
Solo alla fine della sua vita, papa Montini se ne accorse, quando ammise che il
fumo di satana era ormai entrato nella Chiesa.
In effetti, aggrappati alla vite vera c’erano
quasi solamente tralci secchi.
San Paolo, si narra negli Atti degli
Apostoli, che pur non essendo un eloquente predicatore, parlava con decisione,
soprattutto, a quelli che non avevano ancora ricevuto l’annuncio del Vangelo di
Gesù Cristo: “…parlava e discuteva con quelli di lingua greca: ma questi
tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a
Cesarea e lo fecero partire per Tarso.” (dal Libro degli Atti degli Apostoli)
Oggi accade lo stesso: se osi parlare di
diritto alla vita, se osi mettere in discussione la legge che autorizza
l’aborto volontario, vieni messo alla gogna.
Purtroppo, non ci sono neppure fratelli che si
schierino compatti a difesa dei coraggiosi che osano sfidare la canea
esagitata. Tant’è vero che, quanto meno, il “martirio” mediatico non te lo leva
nessuno.
Sant’Amedeo di Losanna ci ha lasciato una
riflessione che attiene a questa situazione: “ci sono due specie di martirio.
Uno manifesto, uno segreto, uno visibile, l’altro nascosto, uno nella carne,
l’altro nel cuore. Il martirio del cuore supera i tormenti della carne.
Pensiamo alla madre di Gesù e madre nostra.”
Penso che il martirio del cuore sia più
frequente di quanto si possa immaginare. Basta andare ad ascoltare le
esperienze di chi opera all’interno dei Centri di Aiuto alla Vita, basta vedere
le difficoltà che s’incontrano per mettere su famiglia, per tirare su dei figli
in modo sano, protetto, basta vedere gli sforzi immani per l’annuncio della
Parola di Dio che, però, non produce frutti. Ancora una volta: siamo tralci
secchi?
Eppure, le esortazioni ad avere fiducia,
speranza, non mancano:“…figlioli, non amiamo a parole, né con la lingua, ma con
i fatti e nella verità.” ( 1° Lettera di San Giovanni Apostolo).A guardare i resoconti con cui si rinnova ogni
anno la sottoscrizione dell’8x1000 per quanto riguarda la carità, sembra
proprio che i fatti non manchino. L’impressione è che manchi la verità. Infatti
l’elemosina non consiste solo nel nutrire quelli che hanno fame e nel donare
abiti a chi non ne ha, piuttosto sono tutti i servizi resi al prossimo, sia per
il corpo, sia per l’anima, quando lo facciamo con spirito, oltre che di carità,
pure di verità. Non illudiamoci, perciò, di progredire più di tanto nel cammino
di perfezione cui siamo chiamati a percorrere quali discepoli di Gesù, se non
ci atteniamo continuamente all’affermazione della verità.
Infatti:“…senza di me non potete fare nulla.
Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono,
lo gettono nel fuoco e lo bruciano.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
E’ chiaro il Signore: prima di ogni azione,
prima di ogni riunione, di ogni programmazione, state un poco con Lui, in
Adorazione, accostatevi all’Eucaristia, lasciate che i germogli si sviluppino
secondo i tempi della vite, restategli attaccati come tralci pronti da essere potati.
Ho scritto al plurale, ma tutto questo vale soprattutto per me. Perché non
voglio essere un tralcio secco, che quando va bene può essere usato per il
paesaggio collinare di un presepe. Non voglio neppure essere bruciato, perché
non voglio bruciare come all’inferno e non voglio giocarmi la possibilità della
vita eterna in paradiso.
At 9,26-31 / Sal 21 / 1Gv 3,18-24 / Gv 15,1-8digiemme