LA RAGIONE DELLA SPERANZA

Sesta Domenica di Pasqua 
Anno A

rendete ragione della Speranza che è in voi
Con la presenza di Gesù nel mondo tutti i regni, prima o poi, sono destinati all’estinzione, anche quelli come da ultima incoronazione. Perciò non ci devono affascinare più di tanto, noi siamo fatti per un regno diverso, dove ogni legge è amore, dove la pace è l’espressione più alta da custodire. In questo periodo così oscuro per l’umanità, dove ogni peccato contro la sua legge è volontà malefica di crocifiggere ogni volta Gesù, noi suoi discepoli di oggi dobbiamo essere veri testimoni, come Filippo, per il modo in cui predicava, motivo per il quale: “…la Samaria aveva accolto la parola di Dio…e vi fu grande gioia in quella città”. (dagli Atti degli Apostoli)

Anche oggi c’è una città in cui si manifesta una grande gioia, ma per uno scudetto di calcio. Va bene anche quello, se permette di liberarsi dai problemi che l’affliggono, ma sappiamo quanto effimero sia il tempo della gioia se non fondato sulla conversione alle cose di lassù. C’è da dire che quanto meno, medesima gioia si manifesta almeno due volte all’anno nei confronti del protettore della città, quando naturalmente va secondo le aspettative e le preghiere, quelle vere e sincere, della sua gente. Leggendo delle cose fatte da Filippo si capisce lo stato d’animo di San Francesco Saverio quando parlava dell’India e dello Sri Lanka, scrivendo che “sono tanto grandi le consolazioni date da Dio nostro Signore a coloro che vanno fra i pagani per convertirli alla fede in Cristo che, se c’è qualche gioia in questa vita, è certo questa”.  Sembra quasi, nell’ascoltarlo, che cada proprio a proposito quanto leggiamo: “…venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio e narrerò quanto per me ha fatto”. (dal Salmo 65)
In me ha fatto rinascere la speranza, o meglio ha riacceso quel lumicino che in fondo all’anima si alimentava in forza della Grazia infusa col Battesimo. La ragione si è così trovata inaspettatamente illuminata dalla carità. Come deve essere successo a Baldovino di Ford (Abate cistercense) se ha potuto scrivere: “La carità fa spaziare la nostra speranza fino alla comunione dei santi, in una comunione di premi e di meriti: è quella della gloria che dovrà essere rivelata in noi”.
Ben allineata, quindi, con: “…adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. (dalla prima Lettera di Pietro)
Per questo è ragionevole, senza ombra di dubbio, la speranza che il mondo cambi, che la verità sulla vita e sulla morte di ogni individuo non è vana e che va rispettata, anzi, protetta anche dalle leggi degli uomini.
La vita di ogni uomo, dal momento stesso del suo inizio, quindi, dal suo concepimento è la ragione della speranza perché: “…non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più: voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete”. (dal Vangelo secondo Giovanni)
Gesù diceva questo poco prima di essere crudelmente ucciso. Infatti il mondo non lo avrebbe più visto, solo i suoi discepoli lo vedono. Quelli del suo tempo, nel privilegio delle apparizioni dopo la resurrezione, quelli dei tempi successivi, attraverso la sua Eucaristia. San Tommaso Moro diceva: “Riceviamo Gesù nell’eucaristia, ed allora Dio dirà alla nostra anima, come disse a Zaccheo: “oggi la salvezza è entrata in questa casa”. Capite, la speranza ha la sua ragione d’essere perché è fondata sulla certezza che, anche nei momenti più bui dei nostri giorni, non siamo abbandonati, Lui è in noi. E se non molla la presa con noi, volete che lasci andare quelli che il mondo rifiuta, gli innocenti nel grembo materno, i derelitti, i malati, i moribondi, i truffati? Lui sa cosa fare, piuttosto ci chiama a dare ragione della nostra speranza, - siamo o non siamo suoi discepoli? - perché è questa che accende la prima scintilla della vera gioia, anche nella nostra città.


At 8,5-8.14-17 / Sal 65(66) / 1Pt 3,15-18 / Gv 14,15-21
digiemme