LA PORTA DI CASA

Quarta Domenica di Pasqua
Anno A


La Parola di questa domenica punta i riflettori sulla figura di Pietro. E’ lui che nella prima e seconda lettura stimola all’ascolto delle cose di Dio e, secondo i resoconti storici, con la sua testimonianza accresceva in modo esponenziale il numero di quelli che si facevano battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Proprio lui che, come da profezia, rinnegò il suo Maestro all’alba della sua Passione e Crocifissione. Secondo San Giovanni Crisostomo: “bisognava che Pietro, proprio lui, a cui doveva essere affidata la Chiesa, la colonna della Chiesa, il porto della fede, si dimostrasse debole e peccatore. E questo avvenne perché in verità, potesse trovare nella sua debolezza un motivo per esercitare la sua bontà verso gli altri uomini.”
Proprio per questo poteva essere compassionevole come nella seconda lettura:“…carissimi, se facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio.” (dalla prima Lettera di Pietro)

Ma, poteva anche essere duro e preciso come nella prima lettura:“…salvatevi da questa generazione perversa.” (dagli Atti degli Apostoli) Per questo i suoi successori, in linea apostolica, possono e debbono replicare il suo modo di essere senza debolezze, con pigli come veri pastori. Invece, per la maggior parte, solo tentennamenti ed accondiscendenza verso le perversità di questo mondo. Che sono tante, come quella di discutere per settimane sul destino di un orso, mentre nulla si dice sul destino di tutti quei bambini che vengono uccisi nel grembo materno, oppure che vengono separati dalla madre appena dopo il parto per l’ignobile contratto denominato “utero in affitto”. Si piange per i tre cuccioli d’orsa distaccati dalla madre orsa e nulla si dice di quest’orrenda pratica di commercio del nascituro. Anzi, sono in moto tutti gli escamotage linguistici per giustificarne una legalizzazione. Se non sono scenari perversi questi cosa mai aspettarsi? Prendiamone atto, la grazia della chiamata alla santità non è per tutti, lo ribadisce l’apostolo Pietro quando scrive:“…per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro.” (dagli Atti degli Apostoli)
Noi dobbiamo sì testimoniare l’annuncio, come Pietro e i suoi, ma infine è Gesù che chiama. Infatti così è andata e, non solo, ha continuato ad istruire i suoi. Sapeva bene che seguendolo, sarebbero andati come agnelli in mezzo ai lupi perché nel mondo ci sarà sempre violenza ed egoismo. Dobbiamo ricordarcelo perché tenteranno, quei lupi, di bloccare l’annuncio, ieri come oggi. Ma niente paura:“…anche se vado per una valle oscura non temo alcun male, il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.” (dal Salmo)
Abbiamo, quindi, gli strumenti giusti per andare con forza e prudenza per le vie del mondo. Non ci mancano gli argomenti e sapremo spiegarli con la gioia nel cuore, che deriva dal fatto di essere guidati dal Pastore, colui che ci chiama uno per uno e che non lascia indietro nessuno. E Gesù per farci capire che non ci abbonerà mai usa un’altra immagine forte, Egli è la porta dell’ovile:“…chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta è pastore delle pecore.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Cosa capiamo? Chi non passa per Gesù, chi non sta con lui, non è affidabile. Ci rovinerà. Come sta effettivamente avvenendo. Ormai dalla porta delle nostre case evitano di entrare. Entrano da un’altra parte, da quella porta chiamata televisione, e la rovina è certa. Ci portano dove vogliono, accendono le divisioni, accentuano le prevaricazioni, allontanano dal pastore. Sono i guardiani in accordo con i lupi. Lottiamo, perciò, per respingere chi tenta di entrare in casa nostra in maniera truffaldina. Che sulle porte delle nostre case sia posto decisamente il vincastro del Pastore.
Ora ha assunto la forma della croce di Cristo, è la nostra definitiva sicurezza, è la nostra forza.

digiemme
At 2,14.36-41 / Sal 22(23) / 1Pt 2,20-25 / Gv 10,1-10