IL POZZO



Terza Domenica di Quaresima (anno A)
Domenica, molto probabilmente, si canterà “acqua viva sei Signore…” con riferimento alla Parola del Vangelo che ci porta a Sicar presso il pozzo di Abramo. Un racconto sempre molto suggestivo; ascoltandolo attentamente è facile immergersi nei dialoghi fra Gesù e la samaritana.
Gesù, come fece con la donna, ci mette alla prova. Vediamo come.
A suo tempo fu il Buon Dio ad essere messo alla prova: “…tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà”. Mosè fece così…E chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli israeliti e perché misero alla prova il Signore…” (Esodo).
Le parole Meriba e Massa significano “disputa” e “tentazione” ed è detto tutto. Una lezione che il popolo eletto non dimenticò più se è vero che viene riportata anche nel Salmo: “…non indurite il cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto.. Per quarant’anni mi disgustò quella generazione e dissi: “sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie”. (Salmo).
Sto pensando che nel 2018 cadranno proprio i quarant’anni da quando anche da noi si può uccidere impunemente l’essere più innocente sulla faccia della terra, il bimbo nel grembo materno, e ben può addebitarsi anche a noi “sono un popolo dal cuore traviato…”.
Possiamo, allora, anche noi sentirci parte di quei cristiani cui l’apostolo Paolo nella sua lettera ai romani dice: “…giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”?
No che non possiamo, abbiamo, invece, bisogno di accostarci al pozzo. Abbiamo bisogno di assaporare quell’acqua viva che disseta: “…se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice “dammi da bere”….l’acqua che gli darò diventerà in lui una sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna…chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna perché chi semina gioisca insieme a chi miete”. (Vangelo). E’ una scena unica, sembra ferma: aperta campagna, sole che picchia a mezzogiorno, non c’è in giro nessuno, eppure che movimento. Giunse Gesù, giunse la samaritana, i discepoli, gli abitanti della città: vai, vedi, esci, mieti, semina, credi, parla, annuncia, tutti verbi di movimento. Quando incontri Gesù non puoi più fare finta di niente, non puoi più stare con le mani in mano, non puoi più oziare.
Gesù arrivò al pozzo prima della samaritana…e l’aspettò, che ci faceva lì se non per aspettarla? E se fosse lì per aspettare proprio noi?
Il discorso che le fa sembra surreale: le chiede da bere per darle da bere.
Ci chiede da bere…non per sé, ma per dimostrarci che è la sua l’acqua che zampilla in frescura, con dolcezza, frizzante, che non sta ferma, esuberante, contagiante. E’ così che disseta gli assetati di verità. Senza questo modo di dissetare non c’è la pienezza della carità e non avrebbe neppure significato, allora, il nostro gesto di carità odierno.
Come si sa, la terza domenica di quaresima è sempre dedicata ad un concreto modo di esprimere la carità fraterna, singolarmente e come comunità.
Anche gli abitanti di Sicar sono andati incontro a Cristo che si trova al pozzo e lo hanno riconosciuto, non più per le parole della samaritana, ma per la giustificazione della fede riversata come acqua risorgiva che dal fango della loro e nostra vita fuoriesce e purifica in forza del sacrificio che si compie ancora oggi sulla mensa eucaristica. Il pozzo è allora il nostro odierno altare. Accostiamoci, anche senza anfore.
Es 17,3-7 / Sal (94(95) / Rm 5,1-2.5-8 / Gv 4,5-42

digiemme