XXXI Domenica del Tempo Ordinario
“…Come potrebbe sussistere una cosa, se tu
non l’avessi voluta?
Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu
chiamato all’esistenza?...Signore, amante della vita.” (Sapienza).
Signore, Amante della Vita, che bella
espressione, proprio perché si riferisce all’uomo, la creatura che gli è simile,
come da Lui voluto. Come è bello, poi, sapere che ciascuno di noi è stato
chiamato all’esistenza da Lui e ci conserva nell’amore, nel suo Amore che è per
sempre.
Giovanni Paolo II nell’Evangelium Vitae lo ha
ben spiegato e conclude quella sua favolosa Enciclica proprio nella preghiera
finale con quella espressione: “Dio creatore e amante della vita”.
Cade, perciò, a puntino la lettera
dell’apostolo Paolo ai Tessalonicesi per spiegare che la nostra esistenza non è
un gioco o una casualità: “…per questo preghiamo continuamente per voi, perché
il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e con la sua potenza porti a compimento
ogni proposito di bene”.
Siamo chiamati ad essere degni del suo Amore
perché solo così, con la sua potenza, potremo avere qualche speranza di
lasciare una leggera traccia di bene nel breve passaggio della nostra vita
terrena.
Questa potenza è ben sintetizzata nelle
parole del Salmo: “…il tuo regno è un regno eterno, il tuo dominio si estende
per tutte le generazioni”.
Noi siamo nel Regno perché il Regno è in
mezzo a noi, garantito con l’espressione “per tutte le generazioni” e arriva
fino a noi.
Quel Regno sta nell’Eucaristia, solo ne
volessimo, purché degni, farne parte, è lì, nel Tabernacolo, in quella piccola
e centrale casa dove la porta si apre per darci l’unico ed autentico dono di
Amore.
Non siamo noi che prendiamo, ma ci viene
dato.
Questo concetto è forse più facile da capire
se guardiamo alla figura di Zaccheo:
“…Zaccheo scendi subito perché oggi devo
fermarmi a casa tua. Scese subito o lo accolse pieno di gioia…, ma Zaccheo,
alzatosi, disse al Signore…”
Lui voleva prendersi lo spazio tutto suo per
guardare quell’uomo speciale, spingeva, s’intrufolava, ma era piccolo e non ci
arrivava. Come ad indicare il rabattarsi nella vita, dove si vuole prendere il
posto migliore, per prendere ciò che vogliamo, quando e dove ci piace. E quando
pensi di esserci riuscito c’è qualcuno che ti dice di scendere perché è
possibile passare dalle stalle alle stelle, ma è anche più facile passare dalle
stelle alle stalle.
Gesù no, Lui non accetta questa logica, Lui
si dà e si ferma ad aspettarci, anzi ci precede a casa nostra. Questo suo darsi
stravolge e, infatti, Zaccheo lo accoglie pieno di gioia, ma soprattutto si
converte e cambia vita. E noi?
Quando lo riceviamo, quasi tutte le domeniche
o anche più, ci rendiamo conto dell’immenso dono che riceviamo nel suo
Sacrificio incruento?
Se sì, allora, sì che lo portiamo a casa
nostra e tutto sarà diverso, tutto non potrà essere come prima, perché Gesù si
ferma anche a casa nostra.
E sarà gioia.
Sap 11,22-12,2 / Sal 144(145) / 2Ts 1,11-2,2
/ Lc 19,1-10
digiemme