PER NON DIMENTICARE

      Domenica di Pentecoste
 Anno C

Preghiamo lo Spirito santo
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Se il tutto si fosse ridotto ad una storia, quella della vita di Gesù e dei suoi primi discepoli, si sarebbe trattato di una buona biografia e la faccenda, come tante altre, moriva lì. Invece, continuiamo ancora a leggere questo libro, a studiarlo, a seguirne le istruzioni per meglio conoscerlo. Come mai? Perché questa storia non è finita nel dimenticatoio, da riprendere solo per studi filologici o letterari?
La risposta è nel Vangelo di questa domenica di Pentecoste: “…il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.” (Vangelo secondo Giovanni)
Ecco, è lo Spirito Santo colui che non lascia cadere nell’oblio l’evento più clamoroso della storia umana: l’Incarnazione di Dio.
Ovvio che occorre accogliere questa Verità in una logica di fede piena, cioè ritenere che il progetto di salvezza per l’umanità sia percorribile da ogni uomo. 
Sappiamo bene che non tutti lo comprendono: ad alcuni il messaggio di Gesù dà fastidio, ad altri, invece, provoca un netto rifiuto di mettere in gioco le virtù necessarie, la fiducia e la speranza.
Queste sono la stessa virtù: l’una, la fiducia, non è che il pieno sviluppo dell’altra, la speranza.
Ma necessarie entrambe per poter capire quanto San Paolo ricorda nella sua Lettera ai Romani: “…e voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo “Abba! Padre!”
Ora, proviamo ad immedesimarci come protagonisti di tale lettera, ripensando al nostro Battesimo, e con tutta onestà ripercorriamo la nostra vita per capire come lo Spirito ha agito in noi. Per quanto mi riguarda non lo so, so che ad un certo punto ho sentito il bisogno di conoscere meglio quella storia, quella biografia di Gesù, cioè colui che: “Figlio di Dio, Gesù Cristo, che facendosi uomo, si può dire, ha voluto imparentarsi con tutti gli uomini: tutti siamo uniti a Cristo grazie alla sua incarnazione, ma coloro che non custodiscono la somiglianza con la sua santità, gli divengono estranei.” (San Cirillo d’Alessandria)
Quindi, da estraneo, poco per volta, sono passato ad esserne amico e anche fratello, riconoscendo di avere,di conseguenza, un Padre in cielo. Questa cosa mi piace un sacco, al punto che anch’io posso proclamare con il salmista: “…mandi il tuo spirito, sono creati e rinnovi la faccia della terra.” (dal Salmo 103)
In effetti, tutto ciò avviene ogni volta che il Buon Dio chiama alla vita una creatura nuova e l'affida alla sua mamma e al suo papà, ai quali chiede poi di lasciare che, con lo Spirito, venga battezzato.
Ecco perché si rinnova la faccia della terra.
Certo che ai genitori è chiesto di collaborare, soprattutto con: “la conoscenza che precede sempre l’amore della verità. Parlo non solo della conoscenza della fede, ma anche di quella dell’amore; non solo del credere, ma anche dell’operare.” (San Gregorio Magno)
E qui si chiude il cerchio; non possiamo dimenticare che ogni cosa può essere trasformata solo se si mette mano all’aratro. Il credere e l’amare necessitano di essere condivisibili, soprattutto con le opere, attraverso le quali resteremo anche noi strabiliati, come al tempo della prima Pentecoste: “…e come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa…e li udiamo parlare delle grandi opere di Dio” (dagli Atti degli Apostoli)
Andiamo a vedere ciò che avviene, per esempio, nei “Centri di Aiuto alla Vita”, ormai veramente si parlano lingue diverse, ma la carità è il linguaggio che tutti capiscono. Le grandi opere di Dio, fra queste c’è sicuramente il miracolo della vita che s’impianta nel ventre della mamma, hanno bisogno anche di quelle piccole opere che in quelle sedi, nel silenzio, continuamente si rinnovano.
E quando i dubbi e la stanchezza crescono, basta riprendere in mano il Vangelo, giusto, per non dimenticare che c’è uno Spirito che guida e sostiene.
At 2,1-11 / Sal 103(104)   /   Rm 8,8-17 / Gv 14,15-16.23b-26
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