Santissima Trinità
Anno C
A volte il peso della
vita diventa insopportabile. La vita è bella, non lo si discute, ma alzi la
mano chi non abbia avuto nel corso dei suoi anni anche momenti difficili. Se di
breve durata, si dimenticano e si torna alla consuetudine, se, invece, con
esisti persistenti, ecco che allora diventano quel peso che rende la vita,
propria e dei familiari, un calvario che solo il Buon Dio può conoscere. A tal
proposito, si possono verificare due situazioni: una forma di arrabbiatura nei
confronti di Dio, oppure l’affidamento alla sua volontà, con l’accettazione di
un altro peso da portare, quello della fede. In questo senso, ne danno conferma
le parole del Vangelo di questa solennità:“…molte cose ho ancora da dirvi, ma per il
momento non siete capaci di portarne il peso.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Gesù dice queste cose ai suoi discepoli,
esortandoli a non demoralizzarsi perché il Padre manderà loro lo Spirito Santo
che darà capacità e forza per portare il peso della fede. Come? Attraverso il
Battesimo, anche se per molti cristiani lo Spirito Santo rimane uno
sconosciuto. L’abbiamo ricevuto e lo riceviamo quasi senza accorgercene, ma
egli dimora in noi e i suoi frutti sono chiarissimi e utilissimi per ben
vivere: amore, gioia, pace, umiltà, purezza, fedeltà, dominio di sé e
quant’altro ancora, se solo volessimo cercare di vivere la fede, così come ci
suggerisce Santa Caterina da Siena: “Tu Trinità eterna, sei come un mare
profondo, in cui più cerco e più trovo e quanto più trovo, più cresce la sete
di cercarti.”
Ecco dove sta il peso della fede, continuare
nello sforzo della perfezione, della conoscenza, anche quando: “…ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo
che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù
provata la speranza, sapendo che la speranza non delude.” (dalla Lettera ai
Romani di San Paolo Apostolo)
E qui mi viene in aiuto ancora Santa Caterina
da Siena con un suo pensiero che dà corpo e giustificazione a tutti coloro che
si prodigano nel volontariato: “la pazienza, senza di essa non possiamo
piacere a Dio e non possiamo essere in stato di grazia. La pazienza è il
midollo della carità.” Adesso capisco tante cose, adesso posso
guardare all’operato di tante persone che danno gratuitamente tempo e risorse,
in quello spirito, in quel modo così disinteressato, appunto paziente, sapendo
che non sempre il bene elargito trova corrispondenza. Penso che la pazienza sia
anche propedeutica alla sapienza che aiuta nel discernere e nel semplificare lo
stare accanto agli altri, soprattutto a quelli che sono nel bisogno. Inoltre,
la Parola ci presenta la sapienza in un modo originale: “…giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo.”
(dal Libro dei Proverbi)
E’ quel “giocavo” che rende il peso della vita,
la realtà, accettabile anche quando non si presenta come vorremmo. Come a dire,
non tralasciare i momenti gioiosi, valorizzali, non darti pensieri più di tanto,
accetta anche di giocare con il Buon Dio. Mi è capitato di vedere in una chiesa
un affresco favoloso: Gesù Bambino che gioca a carte con Sant’Antonio. Per me è
stato come uno sguardo verso l’infinito, con tante domande, come quella del
salmista che si chiede: “…che cosa è mai l’uomo perché di lui ti
ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?” (dal Salmo 8)
Teologicamente ci sono anche delle buone
risposte, ma lo sappiamo, ogni padre si ricorda e si prende cura del proprio
figlio. Così è per il vero Padre che per farcelo capire meglio ha mandato suo
Figlio. E siccome ci conosce bene, tardi e duri di cuore, non ha risparmiato,
donandoci, vita natural durante, lo Spirito Santo. E’ questa la realtà che la
fede racconta. E’ difficile da comprendere, è arduo da accettare, è pesante da
portare? Certo, ma non dimentichiamoci della Grazia, il dono che renderà, e
rende, anche il nostro giogo, dolce, e il nostro peso, leggero.
Pr 8,22-31
/ Sal 8 / Rm
5,1-5 /
Gv 16,12-15digiemme