I CONFINI DEL NOSTRO MONDO

 Ascensione del Signore
Anno C

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Oggi, come d’altronde in altre epoche, occorre un invidiabile coraggio, necessario per capire come posizionarsi nelle situazioni di confusione e di pericolo per la fede che stiamo vivendo nella Chiesa, soprattutto in Europa. E’ rimasto inascoltato, infatti, l’appello, a suo tempo, di Giovanni Paolo II che sollecitava: “Cresca l’Europa! Cresca come Europa dello spirito, sulla scia della sua storia migliore, che ha nella santità la sua espressione più alta.” Fu rifiutato e tutt’ora non si intravedono ripensamenti, tant’è che l’ingiustizia dilaga in tutti i suoi confini, esportata, inoltre, in ogni parte del mondo. Si rimane, infine, impotenti davanti a questa realtà, al punto tale che si è costretti a domandarsi quali siano i propri, personali, confini. Ascoltando la Parola di questa solennità, una risposta c’è: “…riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e Samaria e fino ai confini del mondo.” (dagli Atti degli Apostoli).

So che su di me è sceso il dono dello Spirito Santo con il Battesimo, so che la mia vita è stata un continuo avvicinarsi ed allontanarsi dalla persona di Gesù, so che per essere un buon discepolo occorre essere anche testimone inappuntabile, ma so pure che il mondo mi sovrasta. Se guardo a ciò che avviene, con le stragi nei grembi delle madri, fra le vie e i tunnel di Gaza, nei villaggi della Nigeria, nei paesi del Donbass, so che il tutto mi devasta. E so che se oggi farò di testa mia, invece che secondo la sua Parola, piangerò ancora.
Scriveva Blaise Pascal: “Tutta l’infelicità dell’uomo viene da una sola causa: non sapersene stare quieto in una stanza, cioè non sapere abitare la propria dimora, non conoscere il senso del proprio io nel mondo.”
Mi ci ritrovo pienamente in tale profilo, però, cambia la prospettiva se:” manteniamo senza vacillare la nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso.” (dalla Lettera agli Ebrei).
Ecco ciò che spinge a non mollare: la speranza che sollecita la gioia di sapere che in ogni caso, pure se dobbiamo attraversare luoghi aridi ed incolti (i deserti della vita), siamo sempre cittadini del cielo. Come coloro che nel deserto ci rimasero per quarant’anni e ci lasciarono, nonostante tutto, la salmodia che dice: “…popoli tutti, battete le mani, acclamate Dio con grida di gioia.” (dal Salmo 46)
Si noti bene quel “popoli tutti”, un invito che il popolo ebraico, scelto da Dio per il suo piano di redenzione, rivolgeva a quanti incontrava sulla strada della sua storia. Ora quel testimone è nelle mani della Chiesa ed è una bella responsabilità perché è stata assegnata direttamente da Dio con l’Incarnazione del Figlio, il quale prima di ascendere al cielo ha lasciato detto ai suoi discepoli di allora che: “…nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni.” (dal Vangelo secondo Luca).
Comando che vale, in successione, per ciascuno dei battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Noi, a differenza, non vediamo Gesù innalzarsi, sappiamo, però, che: “La croce ha esercitato la sua forza d’attrazione su tutta la terra e lo ha fatto servendosi non di mezzi umanamente imponenti, ma dell’apporto di uomini poco dotati.” (San Giovanni Crisostomo)
E’ indiscutibile l’osservazione di questo vescovo e dottore della Chiesa; la cosa dovrebbe farci ben sperare, perché vuole dire che c’è spazio e compito per ciascuno di noi. Allora i confini del nostro mondo non cominciano da Gerusalemme, bensì da quelli della nostra famiglia, del nostro vicinato, della parrocchia. E’ qui che anche noi potremo, con l’esempio di una vita di fede vissuta pienamente, iniziare a predicare la conversione di vita, nel nome di nostro Signore Gesù Cristo.
At 1,1-11  /  Sal 46(47)  /  Eb 9,24-28;10,19-23  /  Lc 24,46-53
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