Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
Distribuzione pani e pesci
Anno C
stampa
Quante Eucaristie si celebrano ogni giorno,
ogni festa, ogni domenica? Centinaia, migliaia, sicuramente
un numero
esorbitante nelle quali, chi vi partecipa, si trova insieme ad altri, in gruppi
di pochi o tanti, più o meno come quelli di cui parla il Vangelo:“…Egli disse
ai suoi discepoli: “fateli sedere a gruppi di cinquanta circa.” Fecero così e
li fecero sedere tutti quanti.” (dal Vangelo secondo Luca)
Allora c’erano a disposizione solo cinque pani e due pesci, oggi, dall’ultima cena in poi, c’è a disposizione il Corpo e il Sangue di Gesù che si offre nella consacrazione del pane e del vino all’altare di Dio. A differenza dei cinquemila uomini del Vangelo, che mangiarono da seduti, gli uomini di oggi dovrebbero stare in ginocchio in segno di umiltà e di sincero ringraziamento per il dono di Amore che avviene all’Altare di Dio.Invece, così non è; al momento della Comunione sembra di stare ad una tavola calda, in alcuni posti anche in un self service, tipo mensa aziendale, dove il sacerdote o il ministro sono ridotti a semplici inservienti da banco.
Riesce difficile, allora, comprendere la necessità ricordata fin dall’antichità di un sacerdote come: “…Melchisedeck, re di Salem; offrì pane e vino: era sacerdote del Dio Altissimo e benedisse Abram.” (dal Libro della Genesi)
E’ una necessità impellente: se solo si riuscisse a guardare al sacerdote come l’Alter Christus, se solo i sacerdoti se ne rendessero conto ogni volta che salgono all’Altare di Dio, allora cambierebbe, e di molto, il modo di accostarsi al cibo eucaristico. Non sarebbe più un semplice rituale per dare senso alla partecipazione della Messa, ma: “la comunione, come dice la parola stessa, è l’unione intima di Gesù con la nostra anima e il nostro corpo”. (Santa Teresa di Calcutta)
Un’unione di amore, profonda e delicata, che non lascia seduti, attenti a non distrarla, anche solo lievemente, per il grande mistero che si realizza in quel preciso momento: “…ogni volta, infatti, che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.” (dalla prima Lettera ai Corinti di San Paolo)
Quale grande responsabilità: non più il gruppo, ma ciascuno di noi è chiamato, forte di quella sacra unione, ad annunciare il Vangelo della Vita. Non occorre essere tutti degli araldi, ma occorre sicuramente dare seguito alla grazia ricevuta con una costante preghiera, perché, come scriveva San Luigi Orione: “senza la preghiera non si fa nulla di buono. Le opere di Dio vengono compiute con le mani giunte e in ginocchio. Anche quando corriamo dobbiamo rimanere spiritualmente inginocchiati davanti a lui”.
Si capisce, allora, perché alcune opere “camminano” con le loro gambe: c’è una costante preghiera, un accompagnamento spirituale in grado di ritornare sempre alla sorgente, alla fonte, alla ragione ultima di ogni esistenza umana, perché: “…dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato.” (dal Salmo)
La poesia che sprigionano certi salmi richiama l’armonia, soprattutto le parole poetiche sono ben legate alla realtà, se è vero, come è vero, che la poesia è intuitiva comprensione del mistero del reale. Ecco perché “sono completamente nell’errore coloro che rifiutano il progetto di Dio sulla creazione e negano la salvezza della carne, dichiarando che essa è incapace di ricevere una natura immortale.” (Sant’Irineo di Lione)
E’ certo, quindi, che fin dal nostro concepimento abbiamo ricevuto, nel nostro essere, unici e irripetibili, la natura immortale dall’Autore della Vita. Il seno, la rugiada, sono i segni che contraddistinguono lo Spirito che giustifica ogni vita, l’unione con il Corpo e il Sangue di Cristo, è il riscatto definitivo per la salvezza nostra e di ogni persona a cui siamo mandati. Insieme, dall’Altare di Dio.
Gn 14,18-20 / Sal 109(110) / 1Cor 11,23-26 / Lc 9,11b-17
Allora c’erano a disposizione solo cinque pani e due pesci, oggi, dall’ultima cena in poi, c’è a disposizione il Corpo e il Sangue di Gesù che si offre nella consacrazione del pane e del vino all’altare di Dio. A differenza dei cinquemila uomini del Vangelo, che mangiarono da seduti, gli uomini di oggi dovrebbero stare in ginocchio in segno di umiltà e di sincero ringraziamento per il dono di Amore che avviene all’Altare di Dio.Invece, così non è; al momento della Comunione sembra di stare ad una tavola calda, in alcuni posti anche in un self service, tipo mensa aziendale, dove il sacerdote o il ministro sono ridotti a semplici inservienti da banco.
Riesce difficile, allora, comprendere la necessità ricordata fin dall’antichità di un sacerdote come: “…Melchisedeck, re di Salem; offrì pane e vino: era sacerdote del Dio Altissimo e benedisse Abram.” (dal Libro della Genesi)
E’ una necessità impellente: se solo si riuscisse a guardare al sacerdote come l’Alter Christus, se solo i sacerdoti se ne rendessero conto ogni volta che salgono all’Altare di Dio, allora cambierebbe, e di molto, il modo di accostarsi al cibo eucaristico. Non sarebbe più un semplice rituale per dare senso alla partecipazione della Messa, ma: “la comunione, come dice la parola stessa, è l’unione intima di Gesù con la nostra anima e il nostro corpo”. (Santa Teresa di Calcutta)
Un’unione di amore, profonda e delicata, che non lascia seduti, attenti a non distrarla, anche solo lievemente, per il grande mistero che si realizza in quel preciso momento: “…ogni volta, infatti, che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.” (dalla prima Lettera ai Corinti di San Paolo)
Quale grande responsabilità: non più il gruppo, ma ciascuno di noi è chiamato, forte di quella sacra unione, ad annunciare il Vangelo della Vita. Non occorre essere tutti degli araldi, ma occorre sicuramente dare seguito alla grazia ricevuta con una costante preghiera, perché, come scriveva San Luigi Orione: “senza la preghiera non si fa nulla di buono. Le opere di Dio vengono compiute con le mani giunte e in ginocchio. Anche quando corriamo dobbiamo rimanere spiritualmente inginocchiati davanti a lui”.
Si capisce, allora, perché alcune opere “camminano” con le loro gambe: c’è una costante preghiera, un accompagnamento spirituale in grado di ritornare sempre alla sorgente, alla fonte, alla ragione ultima di ogni esistenza umana, perché: “…dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato.” (dal Salmo)
La poesia che sprigionano certi salmi richiama l’armonia, soprattutto le parole poetiche sono ben legate alla realtà, se è vero, come è vero, che la poesia è intuitiva comprensione del mistero del reale. Ecco perché “sono completamente nell’errore coloro che rifiutano il progetto di Dio sulla creazione e negano la salvezza della carne, dichiarando che essa è incapace di ricevere una natura immortale.” (Sant’Irineo di Lione)
E’ certo, quindi, che fin dal nostro concepimento abbiamo ricevuto, nel nostro essere, unici e irripetibili, la natura immortale dall’Autore della Vita. Il seno, la rugiada, sono i segni che contraddistinguono lo Spirito che giustifica ogni vita, l’unione con il Corpo e il Sangue di Cristo, è il riscatto definitivo per la salvezza nostra e di ogni persona a cui siamo mandati. Insieme, dall’Altare di Dio.
Gn 14,18-20 / Sal 109(110) / 1Cor 11,23-26 / Lc 9,11b-17
digiemme