“ Ho fatto tutto quel che dovevo fare e per cui ero partito: ho camminato, ho
pregato, ho chiesto perdono. Realizzo che questa è la vita. A misura che
camminiamo, che avanziamo nel tempo, ci vengono tolte persone, cose, sicurezze,
presunzioni, anni e possibilità. Ma è quando siamo così, così poveri nello
spirito, che possiamo pronunciare il nome di Gesù. Adesso lo posso dire: Gesù
confido in te. E accade che quel nome getta un ponte tra il niente che siamo e
il Tutto, tra il tempo e l’eternità, tra la morte e la vita. Il Cammino ha fatto
approdare tutto ciò che sono – spirito, anima e corpo – a una fiducia
essenziale, forte come la morte. Mi accorgo di saper adesso fidarmi di Qualcuno
invisibile e inafferrabile. Ma presente e reale”. (Don Paolo Asolan).
Scavalchiamo il fiume Pisuerga sull’antico e bellissimo ponte e veloci, in
compagnia dell’altro Paolo, quello di Novara, maciniamo i chilometri che ci
separano da Boadilla del Cammino. Poco prima Paolo ci saluta ed accelera
l’andatura perché ha intenzione di giungere fino a Carrion, oltre il nostro
previsto punto tappa. A Boadilla ci concediamo la prima pausa, anche per
ammirare dal vivo il famoso “Rollo Jurisdiccional”, una lavoratissima colonna
gotica, che rappresentava il potere giuridico. Ne approfittiamo per un caffè
presso il vicino rifugio, molto bello e ben tenuto da una giovane coppia che
hanno trasformato la loro casa contadina in uno spazio accogliente e rilassante.
Il giovane, Edoardo, proprietario del refujo ci dice che siamo entrati nella
provincia di Palencia e che avremo di fronte tanta strada, tanti campi (Tierra
de campos), tanto sole e poca ombra.
E così sarà. La monotonia del paesaggio, è un po’ come quello nostro della
Lomellina. E come dalle nostre parti non mancano i canali. Il cammino costeggia
per un bel tratto il Canal de Castilla, importante opera di ingegneria idraulica
del XVIII secolo. Le nostre ombre in diagonale lunghe a sinistra, a destra il
lento scorrere dell’acqua, come sulle sponde dei nostri navigli. Una sensazione
di ritorno a casa, come se ci fossimo già stati, fino al giungere, poco prima di
Fromista, all’intersezione di più canali, di una ciclopica serie di dighe
degradanti alla pianura verso sud.
Non abbiamo tempo di fermarci a visitare questa cittadina che ci sembra
interessante e alla prima bottega che incontriamo sulla strada, ci facciamo due
micidiali boccadillos come pranzo e riprendiamo il ritmo dei passi che nel
frattempo diventa sempre più strascicato. Sappiamo che davanti a noi ci sarà
sempre e solo un paracarro da contare, perché il tracciato continua parallelo,
in sicurezza, alla strada statale. E comunque, di traffico automobilistico quasi
zero anche perché le prime ore del pomeriggio per gli spagnoli sono
tassativamente dedicate alla “siesta”. Infatti nell’attraversare i vari paesini
– Poblacion de Campos / Revenga de Campos / Villarmientero de Campos – non
troviamo quasi anima viva. Per fortuna avevamo fatto una bella scorta di acqua.
Alle 16,00 ci accoglie Villalcazar de Sirga, 8 ore di cammino, non male, ma
siamo quasi, dico quasi, sfiniti. La Senora che ci viene incontro se ne accorge
ed è molto gentile, ci offre da rinfrescarci e ci fa da guida per l’utilizzo del
refujo. Questo è molto bello e funzionale, forse la doccia (a pagamento con
gettone a tempo) lasciava un po’ a desiderare. Per il resto, stanze non troppo
grandi, letti a castello, il tutto pulito e lindo, con un bel parco davanti
all’edificio.
Ricostruzione e riposo e sull’imbrunire in giro per il paese alla ricerca di una
farmacia perché la Mariella ha un paio di vesciche. Acquistiamo, invece, in una
botteguccia ago e filo che sappiamo sono gli strumenti migliori per
neutralizzare l’insorgere di complicazioni e, seduti sullo scalino dell’entrata
ci apprestiamo all’operazione. Una signora anziana, alla porta della sua vicina
abitazione, capisce e si offre con serietà e dolce sorriso oltre che con perizia
a sostituirmi come infermiere. Resto senza parole, solo la Mariella che già
mastica lo spagnolo come il suo dialetto entra subito in sintonia e, alla fine,
ci salutiamo come se fosse la nostra zia del paesello.
I deficit motori non impediscono di andare ad ammirare la chiesa che nella sua
struttura racchiude la tenacia templare nel costruire luoghi di preghiera atti
anche alla difesa. Le sue mura possenti lo dimostrano, come raccontano anche le
proprietà storiche, religiose ed artistiche racchiuse in questa iglesia de Santa
Maria la Blanca. Il tempio è del XIII secolo d’impostazione romanico cui
successivamente si sono aggiunti ampliamenti in stile gotico. L’esempio più
evidente sono i due portali gemelli, è la prima volta che vedo due ingressi uno
a fianco all’altro, ad arco acuto con fregi di particolare pregio. Da vedersi.
Mentre, invece, da vivere il lento passeggiare per le vie di questa antica
cittadina, con vista sui nidi per le cicogne sui tetti e sui campanili. Sarà una
componente del paesaggio urbano che non mancherà più fino a Leon. E fra questo
girovagare lemme, lemme, fotografando e ammirando il cielo che si spegne,
passiamo la porta del ristorante “La Tasca de Cammino” dove gustiamo una
succulenta zuppa castigliana.
Per digerirla pensiamo di sederci in cattedrale per ascoltare un concerto di musica da camera, ma non fa per noi e ce ne ritorniamo al refujo dove ritroviamo la nostra amica Melania con cui tiriamo le dieci della sera, l’ora del riposo, dopo l’odierna fatica. Ci allieta, prima di ritirarci, l’alta sagoma di una cicogna che nel cielo illuminato dalla luna vola al suo nido, come noi al nostro.
Gaetano Mercorillo
Per digerirla pensiamo di sederci in cattedrale per ascoltare un concerto di musica da camera, ma non fa per noi e ce ne ritorniamo al refujo dove ritroviamo la nostra amica Melania con cui tiriamo le dieci della sera, l’ora del riposo, dopo l’odierna fatica. Ci allieta, prima di ritirarci, l’alta sagoma di una cicogna che nel cielo illuminato dalla luna vola al suo nido, come noi al nostro.
Gaetano Mercorillo