Le nostre mani
Rendi salda l’opera delle nostre mani(salmo 89)
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Provate
ad osservare le mani di un neonato, poi quelle di un bambino e, infine, quelle
di un vecchio. Mettetele a confronto e vedrete la bellezza dei cambiamenti di
quelle stesse mani all’inizio della vita rispetto al tramonto di quella stessa
esistenza. Le paffute mani che nel corso del tempo si trasformano in ossute e
venose sono il segno dell’operosità che avviene attraverso le cose che nel
corso degli anni hanno saputo modellare:“…sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro
Dio: rendi salda per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani
rendi salda.” (dal Salmo 89)
Il salmo rende grazie di questa realtà che si rinnova di generazione in generazione, soprattutto, esalta la bontà creatrice del Buon Dio, la sua perfezione nel tracciare ogni crescita e ogni opera a noi assegnata. Non per merito nostro, ovviamente, perché, viceversa, a nostra condanna suonerebbero oltremodo vere le sue parole:“…vanità delle vanità, dice Qoelet. Vanità delle vanità: tutto è vanità.” (dal Libro del Qoelet)
Il mondo è pieno, purtroppo, di vanitosi che si credono padroni del vapore, ma non sono altro che poveri burattini in balia del principe del male che gode di questa sua subdola opera: nascondersi dietro le illusorie glorie dei vanitosi. Sembra sia proprio una strategia vincente che porta, comunque, l’umanità ad una fine perdente, perché il male dilaga, le guerre si estendono, la vita non conta più nulla al suo inizio e alla sua fine, frutto di un egoismo smisurato e di un controllo generalizzato dello sviluppo umano sulla terra. Rassegnarsi a questo andazzo? Direi proprio di no! Nei limiti delle nostre capacità, dei nostri evangelici talenti, dovremmo saper corrispondere alle richieste dell’apostolo delle genti quando scrive:“…fate morire, dunque, ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.” (dalla Lettera ai Colossesi di San Paolo Apostolo)E’ una lista impietosa, categorica che smaschera la vanità degli oppressori, soprattutto, degli indifferenti che lasciano scorrere questo fiume di desolazione, di deserto che riduce costantemente le oasi dove vivere in pienezza i doni del Regno di Dio. Dove a noi è chiesto di costruire, pietra su pietra, la città dell’uomo, con fondamenta quali la giustizia e l’amore.
Una città posta in cima alla montagna, perché possa essere faro per tutti coloro che vogliono vivere secondo il Vangelo, così come indicato dal vangelo di questa domenica:“…fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché; anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede.” (dal Vangelo secondo Luca)
Parole che ci devono far riflettere. In questa nostra società è sicuramente difficile tenersi lontani da tentazioni perché i sistemi di comunicazione sociale, internet e cellulari, tv e cinema, ci condizionano e le nostre mani sono continuamente pronte ad aprire il cellulare, digitando tutto ed il contrario di tutto.
I messaggi veicolati, ormai lo abbiamo capito, vanno in una direzione ben precisa, quella dell’avere, del consumo sfrenato di tutto ciò che fa tendenza, di un lavaggio di cervelli di cui non ci rendiamo conto. E la cupidigia entra in noi, il desiderio di avere sempre più cose ed opportunità di successo personale cresce e ci fagocita senza che ce ne accorgiamo. Le nostre mani bramano quindi solo queste cose e, ben che vada, rimangono abbandonate, mani nelle mani. Non così, non è questo il progetto posto sulle nostre mani dal Buon Dio che chiede di saperle utilizzare per il bene, in opere che richiedono anche la fatica, anche il saperle sporcare, perché possano dare, solo dare, senza mai chiedere altro, con mani giunte, se non la sua salvezza.
Qo 1,2;2,21-23 / Sal 89(90) / Col 3,1-5.9-11 / Lc 12,13-21
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