XIXma Domenica T.O.Anno C

Il molto a nostro carico
tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, 
viene il Figlio dell’uomo

 

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Le Sacre Scritture si presentano in modo tale che il primo venuto può trovare di che istruirsi e in una sola unica frase il sapiente e l’ignorante scoprono significati impensati. Condivido questo pensiero di San Girolamo perché con le Sacre Scritture ci si rapporta come in un confronto, un colloquio, del tutto personale. Motivo per cui, ciascuno corrisponde in base alla sua particolare capacità di capire, interloquire, apprendere. Cioè, in parole povere, la Parola di Dio, riportata dal Canone, interpella, ogni volta che la ascoltiamo, la propria specifica coscienza, il senso della propria vita, alla luce del messaggio evangelico. Perciò, la domanda di Pietro: “Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?” ha la risposta scontata di Gesù. Vale per tutti, per ogni persona nei secoli dei secoli. Una risposta che precisa: “…a chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto” (dal Vangelo secondo Luca)
Partiamo dal presupposto che a tutti fu dato, e viene dato, molto, a cominciare dal dono della vita, di cui dobbiamo, pertanto, rendere conto alla fine.
Mi pare ovvio che se questa nostra vita l’abbiamo avuta senza alcun merito, nessuno può disporne a piacimento, neppure il titolare. E’ una questione di logica, come d’altronde è pure una questione di fede: “…la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede.” (dalla Lettera agli Ebrei)
Questa fede dà modo a Gesù Cristo di essere presente nel contesto in cui si vive. Purché lo si testimoni con coerenza e coraggio. Non bastano le pratiche religiose, occorrono per rendergli gloria, ma serve mettersi nella condizione del servizio per il prossimo, per i propri cari, per la comunità, perché “nella casa del giusto, che vive secondo la fede e che è ancora in cammino lontano dalla Città celeste, anche coloro che comandano sono al servizio di quelli che sembrano comandati. Non comandano, infatti, per passione di potere, ma per dovere di servizio, non per l’orgoglio di comandare, ma per la misericordia di soccorrere.” (Sant’Agostino)
In questa logica, riesce comprensibile il passaggio del salmo che dice: “…beata la nazione che ha il Signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come sua eredità.” (dal Salmo 32)
Infatti, una nazione, un popolo che rifiuta la Sovranità di Dio e il suo Regno, ha per destino il suo dissolvimento. Non si tratta di minacce o di oscure profezie, ma di logiche conseguenze, e non lo dico io: “il Signore, come giusto giudice, se punisce spesso i peccati privati soltanto dopo la morte, tuttavia colpisce talora i governanti e le nazioni stesse anche in questa vita, per le loro ingiustizie, come la storia insegna.” (Papa Pio XII). E lo insegna anche la storia contemporanea, caratterizzata da ingiustizie senza fine che s’alzano fino al cielo.
La domanda è: cosa possiamo fare, da parte nostra, per contrastare l’arroganza di questa sfida a Dio? Prendendo spunto da un versetto della prima Lettura: “…si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri.” (dal Libro della Sapienza)
Ecco, ritornare al sacro, porsi in preghiera costante, senza annacquare, soprattutto la Santa Messa. Padre Pio diceva che è più facile che il mondo si regga senza sole, piuttosto che senza la Messa.
Tornando al Vangelo di oggi, il versetto si conclude così: “…a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.” (dal Vangelo di Luca)
Guai, perciò, a coloro, ogni battezzato, ogni ordinato, che non hanno aiutato i propri cari, i propri amici, gli uomini, i popoli, le nazioni, a conoscere, accogliere e seguire Gesù.
Sap 18,6-9  /  Sal 32(33)  /  Eb 11,1-2.8-19  /  Lc 12,32-48
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