Sesta Domenica di Pasqua
Anno C
Si dice che la casa dell’amore trovi spazio nel cuore di ogni persona. Per esprimere questo concetto, infatti, è universalmente utilizzato il disegno, il logo a forma di cuore. In tutte le salse e melense fantasie. Però, l’amore vero, quello che non pone limiti, non ha bisogno dei cioccolatini, lo si scopre nella gioia del dono di sé stessi, sull’esempio di Gesù Cristo. Poi, l’oblatività della propria esistenza può esprimersi in diversi modi: nel vincolo matrimoniale, costruendo una famiglia; nella vocazione sacerdotale, guidando una comunità; nell’offerta di vita religiosa e contemplativa, condividendo il bisogno di fraternità e di alta spiritualità; nel dono del proprio tempo, del proprio lavoro nel volontariato, per l’aiuto al servizio dei poveri e dei più svantaggiati. Non ci sono, quindi, scusanti per giustificare insipienze, indifferenze o scetticismi. Certo, si può cedere, sì può essere traditi, andare incontro a delusioni, a notti dell’anima, ma a tutto questo c’è un antidoto: “…se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Sono due, perciò, le condizioni per non
perdersi: amare Gesù e osservare i suoi comandi. Che, poi, corrispondono a
quelli che il Padre ha messo nel cuore dell’uomo (la Legge naturale) e che ha
tradotto nei 10 comandamenti dati al popolo d’Israele (la Legge di Dio). Con
questo bagaglio che ci accompagna fin dal nostro primo apparire, nel
concepimento, abbiamo tutti gli strumenti per vivere bene in questa esperienza
terrena, come ci ricorda il salmo: “…Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su
di noi faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la sua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.” (dal Salmo 66)
In più, proprio per quella salvezza che viene
prospettata, ci viene donato il Figlio, Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, che
ha preso possesso della sua dimora nella Chiesa che ha espressamente fondato
sull’amore. Questi è il vero Salvatore, che ci libera dal nemico più potente,
quello che ci impedisce di amare. E’ salvatore perché instaura l’amore tra gli
uomini, tra di noi, senza bisogno di nessuna coercizione. Si può, infatti, in
piena libertà, passare oltre e rifiutare il suo Vangelo, ma se si decide di
seguirlo occorre uniformarsi ad alcune precise condizioni:“…è parso bene,
infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori
di queste cose necessarie: astenersi…dalle unioni illegittime.” (dagli Atti
degli Apostoli)
Gli apostoli prima di prendere decisioni
importanti, così come riportato dagli Atti, pregano, si lasciano guidare dallo
Spirito Santo. Lo fanno con una fede molto semplice, ma profetica, perché sanno
che per costruire la civiltà dell’amore occorre avere principi e basi
inderogabili. Oggi che questi confini sono stati superati, vedi anche l’ultima
sentenza della Corte Costituzionale sull’omogenitorialità, tutto è
sconquassato, tutto diventa relativo e tutto è possibile. In poche parole, si
ritenta di costruire una nuova torre di babele. Mentre, invece, occorrerebbe
guardare ad un’altra città, come quella prefigurata dall’apostolo Giovanni: “…la
città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria
di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello.” (dal Libro dell’Apocalisse)
Una lampada che possiamo trovare quando
entriamo in qualsiasi chiesa, che arde davanti ad un tabernacolo, dimora
d’Amore, dimora perenne di Gesù. Il bello è che trattasi di una dimora mobile,
secondo San Vincenzo de Paoli, che scrive così:
“andata alla Santa Comunione, non c’è rimedio
più efficace contro le malattie dell’anima; là bisogna andare a studiare
l’amore, l’aiuto reciproco, la cordialità, l’esempio del prossimo e tutte le
altre virtù che ci sono necessarie.” E così che, allora, anche noi diventeremmo
dimore di amore vero.
E la pace invaderà le nostre esistenze, non la
pace del mondo, ma quella che ha lasciato Gesù agli apostoli. Quanto basta per
farci, a nostra volta, costruttori di pace.
At 15,1-2.22-29 / Sal 66(67) / Ap 21,10-14.22-23 / Gv
14,23-29
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