LE TRIBOLAZIONI

Quinta Domenica di Pasqua

Anno C

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Nel corso della storia di ogni giorno, pure di questo giorno, ci sono uomini e donne, bambini e vecchi, che trascorrono le loro ore nella paura di non farcela ad arrivare a sera. Si trovano coinvolti in fatti di odio e di guerre che li sovrastano, soprattutto i bambini, senza alcuna colpa. Stentano e le loro tribolazioni rendono la vita infelice e senza futuro. Avviene in Medio Oriente, a Gaza, in Ucraina, in Africa. In altri luoghi, all’insicurezza si aggiunge la persecuzione a causa della propria fede. In Centro America, ancora in Africa, nei paesi Arabi, in Asia, soprattutto per chi si professa cristiano. Lì si sperimenta il martirio, si soffre e si muore a causa del nome di Gesù Cristo. Dicevano i primi cristiani: “il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”, ed è vero anche oggi, da ogni parte del mondo giungono notizie d’ingiustizie, di vessazioni e proibizioni tali da dover constatare che non è cambiato nulla dai tempi apostolici, come testimoniavano Paolo e Barnaba :“…confermando i discepoli e esortandoli a restare saldi nella fede perché, dicevano: “dobbiamo entrare nel Regno di Dio attraverso molte tribolazioni.” (dagli Atti degli Apostoli)

Che fare di fronte a queste situazioni? Che per certi versi ci sono lontane, quando, poi, in verità, anche noi siamo trascinati in quelle tribolazioni che abbracciano l’inquietudine, il senso d’inutilità della propria esistenza, finanche di povertà economica, ma pure spirituale e morale. Ci si rifugia nella preghiera, nell’elemosina come forma di condivisione e si spera che il Buon Dio mandi specifici aiuti, visto come lo descrive il salmista:“…buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature.” (dal Salmo 144)
E’ evidente che quella tenerezza, quella bontà di Dio, si possono contemplare nella sua volontà creatrice e amante della vita, chiamando, però, l’uomo alla piena corresponsabilità. E’ bella l’espressione sulla tenerezza, ci fa un sacco di piacere quando capita di sperimentarla in famiglia o con degli amici, in particolare nei momenti di debolezza o di sconforto. Eppure, mi sovviene un pensiero che non lascia scampo: perché mai, mi domando, quella tenerezza non si estende, oggi, ai bambini nel grembo delle loro mamme? Possibile che questa umanità non capisca l’assurdità di questa scelta contro l’Amore, scelta che preclude ogni diritto, bloccando ogni aspirazione ad una vera giustizia e pace? Interrogativi che, solo per fede, trovano risposta in:“…ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed Egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.” (dal Libro dell’Apocalisse).

Perciò, è in quella tenda, che è la Chiesa, che gli uomini potranno ritornare a gustare pienamente quella tenerezza di Padre (e di Madre, per come si esprimeva papa Giovanni Paolo I), oltre al dono del Figlio, quale sigillo perenne di salvezza per ogni sua creatura. Viceversa, “una delle maggiori tragedie umane della storia rimarrebbe quella per cui Colui che ha appeso l’universo sul nulla preesistente, è stato poi appeso ad una croce.” ( John Sheen Fulton)
Ecco, allora, che da queste tragedie umane, ci salvano la fiducia e la speranza in Gesù Cristo che ci esorta continuamente: “…vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Anche qui sorge spontanea la domanda: perché è un comandamento nuovo? Non era forse già consolidato il comandamento di amare il prossimo come sé stesso? Credo che la differenza stia tutta nel fatto che l’invito è nell’amare come Gesù ha amato. Cioè, fino a dare la propria vita per l’altro, non solo per i figli, la moglie, il marito o per i propri genitori, i propri parenti, ma per tutti coloro che Dio ama. Ed è fuori di ogni dubbio che, fra i tanti, pur con le nostre tribolazioni, ci siamo anche noi.
At, 14,21b-27  /  Sal 144(145)  /  Ap 21,1-5a  /  Gv 13,31-33a.34-35
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