XXVII Domenica del T. O.
Anno B
Al catechismo, da bambino, mi hanno insegnato
che Dio è il creatore di tutte le cose, quelle visibili e quelle invisibili. Mi
fidavo per quelle invisibili, ma guardavo con attenzione ed interesse quelle
visibili: i miei compagni, il mio paese, la chiesa, l’oratorio, il mio gatto,
mio papà e mia mamma ed i miei fratelli, la nostra casa. Pensavo, allora, che
Dio faceva le cose proprio per bene. Mi dava fiducia questo Dio che era ben
rappresentato dal curato, Don Carlo. Continuava a parlarci di Lui e lo faceva
con entusiasmo e gioia. La cosa mi incuriosiva non poco, anche se ancora non
potevo di certo aver letto che: “…colui che santifica e coloro che sono
santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna
di chiamarli fratelli.” (dalla Lettera agli Ebrei)
Ora intuisco, capire è un’altra cosa, che con
il Battesimo ricevuto fin da subito sono stato anch’io santificato, non solo
per via del Sacramento, ma pure per via del fatto che sono stato creato proprio
da Lui, quel Dio che ha detto: “…non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli
un aiuto che gli corrisponda.” (dal Libro della Genesi)
Qui mi è facile capire il perché Dio è Amore:
non lascia la sua creatura nella solitudine, ma lo inserisce nella comunione,
lo fa partecipe del suo Amore creatore. Di fronte a questo dato di fatto, San
Giovanni Cassiano scrisse che “Dio ci guardi dal professare mai che qualcosa di
creato sia sostanzialmente cattivo, quando la scrittura dice “Dio vide quanto
aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona (Gen 1,31)”
Però questa cosa molto buona e giusta fu
infestata dal peccato, connaturato nella libertà concessa all’uomo. Ciascuno di
noi, ammettiamolo, continuerà a peccare, ma il nostro peccato non impedirà a
Dio di operare nella giustizia e nella misericordia fin dalle origini, ora e
sempre. Tant’è vero che il Buon Dio non mise vicino all’uomo solo animali che
proprio non gli corrispondevano, bensì gli mise accanto la donna, al punto che,
vista la bontà del dono, pose fine alla creazione, rispecchiandosi pienamente in
quelle persone, maschio e femmina, a sua immagine create. Tanto che per noi la
sua magnificenza non ha limiti. Infatti anche il salmista canta: “…la tua sposa
come vite feconda nell’intimità della tua casa, i tuoi figli come virgulti
d’ulivo intorno alla tua mensa.” (dal Salmo 127)
Al riguardo mi piace riportare un pensiero di
San Giovanni Paolo II: “l’mmagine di sé, che Dio ha posto nell’uomo passa anche
attraverso la complementarietà dei sessi. L’uomo e la donna, che si uniscono
nel matrimonio, riflettono l’immagine di Dio e sono in qualche modo
“rivelazione” del suo amore.”
Al riguardo mi piace anche riandare al ricordo
di mio papà e di mia mamma, con i miei fratelli, nella povertà di quella
cucina, quando si era tutti, alla sera e alla domenica a mezzogiorno, intorno
alla tavola. Senza televisione accesa, ringraziando il Signore per il dono del
cibo e per l’unione della nostra famiglia. Così era e così dovrebbe essere se il
mondo non cercasse di scardinare questo principio con tutte le gender menzogne
di questi ultimi anni. Occorre, allora, ritornare con decisione a rimarcare la verità
che sta fin dall’origine sull’uomo e sulla donna:“…dall’inizio della creazione Dio li fece
maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a
sua moglie e i due diverranno una carne sola.” (dal Vangelo secondo Marco)
Ritornano i due, quindi, ad essere una carne
sola, non una cosa sola, ma una carne. Una unità di coppia, non più disgiunta
perché fondata sull’amore, sul dono reciproco di sé stessi per sempre, fin dal
principio. Perché l’essenziale durante la vita di una coppia, di una famiglia,
la ragione d’essere e la gioia, quel qualcosa senza il quale apparirebbe tutto
vano, è, conseguentemente, il dono di sé stessa verso Dio, in Gesù Cristo.
Gen 2,18-24
/ Sal 127(128) / Eb
2,9-11 /
Mc 10,2-16
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