7 ottobre 2023

IL CANTICO D’AMORE

XXVIIa Domenica T.O.
Anno A

.....e lo uccisero !

Le vigne sono luoghi privilegiati dove riversare tempo e passione per le cose belle che si vogliono coltivare. Anche il Buon Dio, con lo Spirito creatore che lo contraddistingue, volle pensarne uno e ci mise l’uomo (e poi la donna). Questi sono le sue viti pregiate, si compiace di tale scelta, ne ha cura e, nello stesso tempo, lascia che a gestire il resto siano quell’uomo e quella donna, chiamandoli alla procreazione. Sono tutti frutti buoni, come la “ragione ed il libero arbitrio, quali speciali ortolani” (Santa Caterina da Siena), ma alcuni, invece, sono acini acerbi:“…voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna…vi aveva piantato viti pregiate…aspettò che producesse uva, essa produsse, invece, acini acerbi.” (dal Libro del profeta Isaia)
Uno dei primi acini acerbi fu sicuramente quel Caino che viveva dell’invidia per le cose belle che produceva, invece, Abele. Da quel momento, per la determinazione d’amore del Signore, viene continuamente chiesto a ciascuno di noi: “che ne è di tuo fratello?” In sostanza, ad ogni frutto acido, per ogni frutto selvatico, per ogni peccato contro il proprio fratello, ci viene chiesto ragione della nostra fede, il nostro Cantico d’Amore.
Il concilio di Trento paragona la fede ad una radice. Più che appropriato, sta nella nostra vigna, e se si seccano le radici, gli alberi, pur se maestosi, andranno a morire. “La radice della vita cristiana è la fede. Senza di lei tutto appassisce, tutto secca, tutto muore.” (Beato Columba Marmion)
Perciò, è più che mai necessario coltivare con particolare attenzione la nostra vigna, cercando semenze ed innesti come quelli indicati dall’Apostolo:“…fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri.” (dalla Lettera di San Paolo ai Filippesi)
In tutto ciò che è indicato in questa lettera, io ci vedo il senso della vita stessa. Cosa c’è di più vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato di quel bimbo che cresce nel silenzio del suo esserci nel grembo materno? E’ vero, è già essere umano, è amabile, è già figlio, è puro, nella sua innocenza, è giusto, perciò non può esercitarsi su di lui alcuna ingiustizia, è nobile, perché è nostro fratello e di lui dobbiamo rendere conto a Dio. E’ il frutto più buono e bello che dobbiamo, in special modo proteggere dagli infestanti d’oggi. Senza esitazioni, senza inutile mormorio, pregando così come suggerisce il Salmo:“…da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome…fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi.” (dal Salmo 79)
Troveremo in questo modo forza e gioia per compiere quelle opere di giustizia che testimoniano la volontà di seguire la forza creatrice dello Spirito Santo, per salvarci, certo, ma soprattutto per custodire quella vigna impiantata a beneficio di tutti i popoli. Il tempo si è compiuto, allora, quando il popolo eletto non ha voluto accogliere il Figlio di Dio e non ha saputo leggere, come chiede Gesù, che “…la pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?”  (dal Vangelo secondo Matteo)
Ma il tempo si compie anche oggi, quando anche noi non riusciamo a capire che la “pietra d’angolo” si trova sotto ogni altare del mondo. Là dove viene rinnovato, per mano del sacerdote, il sacrificio incruento, con la presenza viva del corpo e del sangue di Gesù Cristo. Attraverso quel pane e quel vino egli rimane con noi, non abbandona la sua vigna, si fa nostro cibo, ci consola e ci tiene compagnia. Basta che lo vogliamo. Allora anche noi potremo intonare, nei nostri anni, quel cantico d’amore per il diletto che ci ha donato la vita e l’amore suo per sempre.

Is 5,1-7 / Sal 79(80) / Fil 4,6-9 / Mt 21,33-43
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