XXVIII Domenica T.O. (Anno B)
Chi non è stato, prima o poi, in ballo, nella
sua vita, con problemi legati ad una eredità: con parenti, con il fisco o con
la burocrazia. Si auspica sempre un qualche lascito, una casa o un terreno,
oppure un bel gruzzolo. Pur sapendo che, alla fin fine, non è quello che ci
permetterà di pareggiare i conti al tramonto dell’esistenza:“…mille anni, ai tuoi occhi, sono come il
giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte.” (dal
Salmo).E’ proprio vero, quasi non ce ne accorgiamo e
siamo alla soglia della vecchiaia, ci voltiamo un attimo e la vita di tizio o
di caio è già finita, eppure erano giovani. Ci diciamo, ma ho ancora tanto tempo
da vivere, perciò devo fare in modo di godermelo. Stolti che siamo! Quando,
durante il servizio militare, ero di guardia, il turno di sentinella sembrava
non finisse mai. Ci si inventava varianti su varianti per fare trascorrere quel
tempo che scandiva l’andare avanti e indietro nel silenzio più assoluto.
Eppure, in realtà, non era così. Il tempo si bruciava e ci si trovava al cambio
guardia senza la dovuta attenzione. Il capoposto ci trovava addormentati o
impegnati nella lettura di un libro e questo non era né saggio, né prudente:
“…Per questo pregai e mi fu elargita la
prudenza, implorai e venne in me lo spirito di saggezza.” (dal Libro della
Sapienza).
E’ evidente che il soldato ordinato alla
veglia di sentinella è metafora di tutta una vita, la propria, che va vissuta
secondo il progetto che il “Buon Dio”, ha riservato su di noi. Proprio così, su
ciascuna creatura che viene chiamata alla vita. Sembrerebbe una contraddizione:
se è creatura di Dio è già vita, è già vita amata, che bisogno c’è che venga
“chiamata alla vita”? Perché la vita è un dono in sé, che si sprigiona ed
espande attraverso la procreazione dell’uomo e della donna che il “Buon Dio” ha
deciso di volere a sua immagine e somiglianza. Pertanto quando un uomo e una
donna chiamano alla vita, ma poi non sostengono e rifiutano quell’esistenza,
per quel figlio rimane la sua vita creata da Dio, rimane il permanere
nell’Amore, mentre per i suoi genitori resta solo l’infamia:
“…non vi è creatura che possa nascondersi
davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi
dobbiamo rendere conto.” (dalla Lettera agli Ebrei).
L’infamia, è chiaro, non è solo per quei
genitori, ma pure per quei “sicari” che sono pagati per l’uccisione. Tutto
questo, ovviamente, se ci limitiamo a confrontarci con il quinto comandamento.
Il discorso, comunque, non cambia qualora la costruzione della vita umana non
rispecchi la volontà di Dio, che è chiara e si estende nella morale naturale
sostenuta dai suoi comandamenti. La deliberata scelta di non perseguirli
implica il doverne rendere conto al momento della morte e il prezzo da pagare
potrà anche essere pesante e pericoloso. Per questo il pregare per ottenere
quanta più saggezza è buona cosa:
“…mentre andava per strada, un tale gli corse
incontro e gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: “Maestro buono
che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?...allora Gesù fissò lo
sguardo su di lui, lo amò e gli disse:”va, vendi quello che hai e dallo ai
poveri, e avrai un tesoro in cielo, e vieni! Seguimi!”. (dal Vangelo di Marco)
Ecco, quel tale di saggezza ne aveva ben
poca, perché se fosse stato un buon praticante, conoscendo la Legge del
Signore, avrebbe dovuto già sapere come raggranellare un buon tesoro presso
Dio, cioè presso il proprio cuore. Non importa quanto sei ricco, spesso e
volentieri è una ricchezza che viene da altri, importa che la tua fede ti
avvicini ai poveri per sollevarli dalla loro povertà, che spesso e volentieri
non è neppure materiale, sapendo che in questo modo seguirai come buon
discepolo il Buon Dio. Quel tale, e anche noi, in quanto figli di Dio, siamo
già eredi, ma quella eredità, l’altra eredità, la dobbiamo volere, la possiamo
curare solo lasciandoci fare da Lui, perché solo lui è Buono, è Padre.
Sap. 7, 7-11/ Sal. 89 (90) / Eb. 4, 12-13 / Mc.
10, 17-30