XXIX Domenica T.O.(Anno B)
Capita di sentirsi estraneo a ciò che ci sta
attorno, di essere assenti, come se un grande vuoto ci trascinasse fuori dai
nostri pensieri, dalle nostre occupazioni. Non c’è nessuno che ti può aiutare
in quei frangenti, la solitudine interiore è la sola unica compagnia, cerchi di
fuggire le occasioni prossime di incontri, come pure di tentazioni e senti di
galleggiare in quella specie di limbo quale anticamera di un bisogno più grande.
Poi, basta passare davanti ad una chiesa e ti senti attratto, non hai voglia di
pregare, ma entri ed allora capisci che non sei più solo: “…dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote
grande, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione di fede.” (dalla
Lettera agli Ebrei).
Siamo battezzati, siamo stati introdotti alla
fede, quella nostra, la cattolica, che identifica un popolo, una cultura, una
storia, la nostra storia. La vita, inevitabilmente, ci ha formati con quegli
stampi, ma dai medesimi ci siamo pure allontanati oppure adeguati per quieto
vivere. Spesso, però, ad un allontanamento è seguito un ritorno, senza capirne
fino in fondo le motivazioni, salvo poi scoprire, una volta per tutte, che la
causa è una sola: Gesù Cristo, sommo e grande per l’amore che continuamente
sprigiona verso i suoi, coloro che sono stati battezzati nel suo nome. Ecco
perché, continuamente, anche inconsapevolmente: “…l’anima nostra attende il Signore, egli è
il nostro aiuto e nostro scudo…su di noi sia il tuo amore Signore.” (dal Salmo)
Questa è la nostra più genuina preghiera. Se
solo riuscissimo a interiorizzarla come messaggio di sveglia che ci ristori
dalla fatica di tutti i giorni. Davvero riusciremmo, allora, senza paura a
risalire la china dai peccati in cui siamo scivolati. E’ il suo aiuto, è la sua
presenza reale, nell’Eucaristia, nel Santissimo, cui possiamo rivolgerci come e
quando vogliamo, che ci protegge, ci fa da scudo dai pericoli con cui il
maligno, il male, lastrica il nostro cammino. Li potremo evitare, a maggior
ragione, in un solo modo: “…si compirà per mezzo suo la volontà del
Signore.” (dal Libro del profeta Isaia)
Certo, il profeta presenta la persona di Gesù
Cristo, attraverso il quale si compie la volontà di Dio Padre, e cosa dobbiamo
fare noi se non metterci nella condizione di fare la volontà di Gesù Cristo e
di Colui che l’ha mandato? Se vogliamo davvero essere suoi discepoli dobbiamo
avere solo questa preoccupazione. Non pensare di essere il migliore, il più
gradito, il più grande perché: “…coloro che sono considerati i governanti
delle nazioni dominano su di esse e le opprimano. Tra voi, però, non sia così,
ma chi vuole diventare grande tra voi sia vostro servitore.” (dal Vangelo di
Marco)
La contrapposizione tra i grandi nel mondo,
che fanno del governo ciò che vogliono, e fra i grandi nella Chiesa, per Gesù
Cristo, è chiara. Coloro che sono discepoli di Cristo, in special modo i
consacrati, gli ordinati nel sacerdozio, che per carisma hanno voluto
rispondere alla chiamata diventando grandi, ecco costoro hanno un solo modo per
esserne degni: essere servitori dei fratelli nella fede. E i primi cristiani si
sono attenuti a quel modo di operare tanto che, poco per volta, quel modo di
essere venne assunto, in seguito solo nelle intenzioni, anche dai grandi del
mondo. E le condizioni di quelle nazioni, di quei popoli migliorarono, nei
secoli, in meglio, come la storia ci tramanda. Sommo è uno
solo, Gesù Cristo, chi crede in Lui, di questo sacerdozio Sommo, non può che
beneficiarne al punto tale che, ecco, diventa un grande, ma solo nel servizio,
ai fratelli, ma, soprattutto, dice il Signore, ai più piccoli dei miei
fratelli.
Is 53,10-11 / Sal 32(33) / Eb 4,14-16 / Mc 10,35-45
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