Pace sulla Chiesa. Parafrasando un breve del
Salmo, fermiamoci a chiedere davvero la benedizione del Signore sulla Chiesa di
oggi. Da sempre, non sono mancate le persecuzioni, le
distruzioni, le diaspore, le crisi. Anche oggi una crisi, forse d’inaspettata
gravità, serpeggia fra i palazzi vescovili e le semideserte navate di un popolo
di Dio sempre più smarrito. Si fatica a capirne le cause. Ma ormai è assodato
che il nemico è in casa nostra. I peccati che si consumano nelle stanze
ecclesiali sono sacrilegi che si sommano alle inadempienze morali di una chiesa
che vuole inseguire a tutti i costi il mondo. Per questo torna più che mai
urgente ritornare a pregare:“…ti benedica il Signore…possa tu vedere il
bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita. Possa tu vedere i figli dei
tuoi figli. Pace su Israele.” (dal Salmo 127)
Possiamo, quindi, vedere il bene della
Chiesa, possiamo trasmettere la vera fede ai figli dei nostri figli. Significa
che la Chiesa ha il suo futuro, ma sembra anche di capire che questo passa
attraverso la fedeltà all’ordine stabilito da Dio, cioè attraverso il
matrimonio fra un uomo e una donna e la conseguente famiglia:“…non è bene che l’uomo sia solo, voglio
fargli un aiuto che gli corrisponda…il Signore Dio formò con la costola che
aveva tolto dall’uomo una donna e la condusse all’uomo.” (dal Libro della
Genesi)
Molte considerazioni scaturiscono
dall’ascolto di questa Parola. Solo due: Dio ancora una volta si preoccupa che
l’uomo non sia solo e realizza il suo progetto pensando ad una compagnia che
completi il sentire dell’uomo; la donna, che viene estratta dal cuore
dell’uomo, chiede allo stesso una specifica protezione in forza del dono incommensurabile
che nella maternità trova la sua espressione più oblativa. Purtroppo appena
dopo ci sarà la condanna dovuta al peccato di supponenza e di rifiuto, convinti
dall’autosufficienza che inevitabilmente porterà, invece, alla morte, alle
sofferenze, alla dannazione. Che sarebbe stata eterna se il Buon Dio non avesse
indicato il riscatto con l’esempio della vita incarnata che Gesù Cristo ha
portato a compimento:“…tuttavia quel Gesù…lo vediamo coronato di
gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto…per rendere perfetto, per
mezzo delle sofferenze, il capo che guida alla salvezza.” (dalla Lettera agli
Ebrei)
Si può, quindi, comprendere perché la
salvezza, infine, non viene dalla Chiesa, bensì dal suo capo e che, in ogni
caso, quella salvezza deve passare attraverso sofferte prove della vita che
mettono in conto il martirio per il bene stesso della Chiesa. Ma quanti, oggi,
sono disposti a tanto? Quanti, soprattutto, tra gli operai chiamati
direttamente alla vigna del Signore sono ancora in grado di indicare e
testimoniare quelle vie di santità? D’altronde non sono neppure più in grado di
proclamare con fermezza che la famiglia, così come voluta dal Creatore, è la
porta principale che apre quelle vie. Quella famiglia che, aperta alla vita,
rinnova nella figliolanza la promessa eterna dell’amore:
“…Gesù al vedere questo s’indignò e disse
loro: “lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come
loro appartiene il Regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il
Regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso.” (dal Vangelo di
Marco)
Gesù s’indignò perché volevano tenere lontani
da lui i bambini. Gesù s’indigna ogni qualvolta quegli stessi bambini, oltre ad
essere allontanati, sono addirittura rifiutati nei grembi delle loro madri,
nell’indifferenza dei loro padri. E’ micidiale questa constatazione: il Regno
di Dio appartiene a loro, a quei bambini, mentre a chi non sa o non vuole,
invece, vedere quei peccati non rimane altro che buttarsi a mare con una macina
al collo. Ma se i bambini che incarnano l’alba della vita sono l’esempio del
come stare nella Chiesa, significa che la speranza non è morta. Guardiamo con
più attenzione e passione a loro, lottiamo per la loro vita, perché il bene
della Chiesa sono loro.
Gen 2,18-24 / Sal 127(128) / Eb 2,9-11 / Mc 10,2-16
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