Terza Domenica
del Tempo Ordinario (A)
Gesù andava, camminava, per paesi e villaggi,
incontrando persone, con compassione le ascoltava, cercava di capire le loro
situazioni e li guariva, e non solo nel corpo.
Ma, pure era inflessibile con il male
albergante nei demoni che, per questo motivo, cercavano di evitarlo e
suscitavano confusione al suo operare.
La gente, dopo un po’ vince la diffidenza,
quanti falsi profeti!, e comincia a cercarlo con più fiducia. E’ come se si
fossero messi a cantare il Salmo:
“…Il Signore è mia luce e mia salvezza: di
chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?”
Se dubitiamo che in Lui ci sia salvezza, che
Lui sia la nostra luce, certo che saremo dei pavidi. Se, invece, ci rendiamo
conto che Lui è la difesa della nostra vita, allora nulla più ci farà paura:
non saranno leggi mortifere, non sarà la prepotenza del politicamente corretto
ad ammutolirci, a relegarci nelle sacrestie. Come cristiani abbiamo ancora molto
da dire, da offrire per il bene di questa umanità alla deriva.
Certo che se ci comporteremo come quei
fratelli di Corinto cui scrive l’apostolo Paolo, tutto crolla: “…vi esorto,
pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti
unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in
perfetta unione di pensiero e di sentire.”
Tutto è possibile, che si sgretoli il
palazzo, che ci si dimentichi che il fondatore non è un papa, ma solo Cristo e
che solo il suo Vangelo fa la differenza fra la Chiesa Cattolica, Apostolica,
Romana e tutte le altre denominazioni, e che se non rientrano nella vera
Chiesa, tutto sarà vano.
Da parte nostra non abbiamo altro modo di
vivere la nostra fede, se non come ci suggerisce il profeta Isaia: “…hai
moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si
gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda.”
Così sarà stato, soprattutto, per i primi
discepoli. Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni vivono la loro vita lavorando e
sfiancandosi da mattina a sera, parte viva di una famiglia, di una piccola
comunità, cercando di vincere la durezza delle giornate in mare, con lo sguardo
sicuro di chi sta facendo la cosa giusta. Eppure, dopo che Gesù ha posto i suoi
occhi su quegli sguardi, li chiamò:
“…mentre camminava, vide due fratelli…e disse
loro: “venite dietro a me”…ed essi lasciate le reti, lo seguirono…altri due
preparavano le reti e li chiamò. Ed essi subito lasciarono…e lo seguirono.”
(Vangelo).
Lo seguirono senza indugio, rimasero sempre
un passo indietro, nella sua ombra. Non erano loro che dicevano dove andare,
dove fermarsi, che cosa dire, loro pendevano dalle sue labbra, loro erano le
sue braccia, loro assorbivano dal suo divino cuore, il centro dell’Amore. Se
anche noi vogliamo seguirlo, con lo stesso metro, dal papa all’ultimo laico di
questa sua Chiesa, ascoltiamo ancora una volta la sua Parola: “…Gesù cominciò a
predicare e a dire: “convertitevi perché il Regno dei cieli è vicino.”
(Vangelo).
Lui è il Regno e veramente ci è vicino,
ritorniamo a cercalo, questa è l’unica e doverosa cosa che possiamo ancora
fare, senza paura: nei tabernacoli Lui ci aspetta.
Is 8, 23b-9,3 / Sal 26(27) / 1Cor 1,10-13.17 / Mt 4,12-23
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