Quarta domenica di Avvento
Oggi metto in evidenza che nelle letture
proclamate ci sono tre persone:
una donna : Maria
un uomo : Giuseppe
un bambino : Gesù
una donna : Maria
un uomo : Giuseppe
un bambino : Gesù
Maria e Giuseppe sono sposati e sono i
genitori di Gesù, formano una famiglia, questa è la famiglia che ci indica il
Buon Dio. Chiaro e semplice, non ve ne possono essere di altro tipo perché Lui
ha voluto e vuole così.
Poteva “discendere” sulla terra in mille
modi, ma ha scelto, quella famiglia, il luogo dell’amore per eccellenza. Lo si
tenga ben presente, sempre: in chiesa, nelle case, sul lavoro, nel
sociale, in politica.
Chi tradisce questa verità e si prodiga per altri generi
di famiglia è fuori da quel progetto, si pone in stato di peccato grave.
Detto questo, lasciamoci trasportare dalla
narrazione che inizia con il profeta Isaia: “…ecco la vergine concepirà e
partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele”.
Già la precisione “concepirà” la dice tutta
sulla vita di quel figlio la cui vita inizia, quindi, non con il parto, ma con
il suo concepimento. Giusto per ribadire che la vita è così e bloccarla prima
del parto significa uccisione, cioè atto delittuoso.
Sappiamo, poi, che non è solo un qualcosa di
avvenuto, sappiamo che ci riguarda perché Isaia dice che il “figlio” si
chiamerà Emmanuele, Dio con noi, cioè, Dio che è per noi, si affianca a noi, lo
possiamo vedere, toccare, onorare, amare. Come viene affermato dal Salmista:
“…ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto Dio di Giacobbe”.
La generazione di Paolo quel volto l’ha
veramente cercato: “…Cristo nostro Signore, per mezzo di lui abbiamo ricevuto
la grazia di essere apostoli per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le
genti, a gloria del suo nome”.
Noi, ultima generazione in termini di tempo,
lo stiamo cercando veramente quel volto? O andiamo alla ricerca di volti uguali
ai nostri? Che dicano quello che ci piace sentirci dire, che si fanno vedere
belli e affascinanti con trucchi e plastiche, mentre dietro le maschere si
nasconde putridume. Ma, soprattutto, stiamo suscitando l’obbedienza della fede
a tutte le genti?
Possiamo ancora salvarci, abbiamo l’esempio
di Giuseppe che ha capito a quale volto faceva riferimento il Salmista, il Dio
di Giacobbe, il Dio del suo popolo e pur, con difficoltà superate con una
grande fede, non ebbe più paura:
“…Giuseppe, figlio di Davide non temere di
prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei
viene dallo Spirito Santo, ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai
Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Capì che aveva un ruolo ben preciso nel piano
divino per l’uomo e se ne fece carico, con umiltà, ma con decisione, con
risolutezza, dedicando la sua vita alla cura e al sostentamento della sua
famiglia.
Le promesse si mantengono fino alla fine, fin
dal momento in cui assegna il nome al figlio, questo è l’insegnamento che ci
viene dalla persona di Giuseppe.
Le promesse valgono anche oggi, anche noi
oggi possiamo accedere al riconoscimento di quel nome: Gesù, il solo che ci può
salvare dai nostri peccati, il solo che, quando ben lo vorremo, pentiti, sarà
sempre con noi. L’Emmanuele.
Is 7,10-14 – Sal 23(24) / Rm 1,1-7 / Mt
1,18-24
digiemme