30 giugno 2023

L’AMORE ASSOLUTO

XIIIma Domenica T.O.
Anno A

anche un solo bicchiere d’acqua fresca

Per cercare di capire il Vangelo odierno bisogna ricordarsi di un brano del vangelo di Luca, nel quale Gesù dice che la sua famiglia è composta da coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica (Lc 8,21). Questi, spiega Gesù, sono per lui madre e fratello.
Mica facile da comprendere. Perciò, se possibile, in modo più esplicito rimarca la dose con:“…chi ama padre e madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me.” (dal Vangelo secondo Matteo)
Cavolini, ma come si fa? A dire a mia madre che la amo meno di…a mio figlio che gli pospongo…E’ così, prendere o lasciare! Gesù non ammette deroghe, in amore non si gioca, dall’innamoramento bisogna passare alla dichiarazione perpetua dell’amore, quell’amore assoluto che non ammette variabili o riserve. Lui l’ha già fatta, fin dal principio.
D’altronde, in adeguata analisi, scrive Sant’Ambrogio: "Ti è proibito non di amare i genitori o i figli, ma di preferirli a Dio. Perché le relazioni naturali sono doni del Signore e nessuno deve amare più di Dio, che preserva i doni che dona.” Quindi, i doni non si scartano, si custodiscono, si contemplano, si ringrazia continuamente l’offerente, un po’ come fece quella donna di Sunem che riconobbe Eliseo come: “…io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi.” (dal secondo Libro dei Re)
Per quel motivo ritenne di rendere la sua famiglia ancora più accogliente, farlo sentire a casa e ringraziarlo per l’amore che porta nella loro casa. Mi viene in mente che così è, in molti casi, quando ci si appresta alla benedizione annuale delle “case”. Probabilmente vi si scorge delle verità in quelle visite su cui la loro attenzione non si è posata a sufficienza. Perciò gradiscono ed è come se si disponessero a nuovi impegni che riassumono valori e precetti, rendendo quei passaggi quanto mai fecondi e gioiosi. Non è sempre così, però ci si va vicino e quando accade si può felicemente cantare e pregare il Salmo che declama:“…perché tu sei lo splendore della sua forza e con il tuo favore innalzi la nostra fronte.” (dal Salmo 88)
Se forza c’è nella testimonianza si deve alla luce che deriva dalla potenza del Signore, su questo non ci piove. Soprattutto, questa constatazione ci permette di andare a spalle aperte e fronte alta, senza alcuna subordinazione nei confronti del mondo. E’ tempo di esserne orgogliosi, di riconoscere il bene che scaturisce dall’essere cristiani. “Oggi abbiamo un nome al di sopra degli altri nomi, questo è il nome di “cristiano”. Il nome che ci fa figli di Dio, amici di Dio, un solo corpo con lui. Guardiamoci bene dal fare qualcosa di indegno rispetto a questo nome così grande e così bello, legato al nome di Gesù Cristo.” (San Giovanni Crisostomo)
Nome che abbiamo acquisito in forza e:“…per mezzo del Battesimo…anche noi possiamo camminare in una vita nuova.” (dalla Lettera di San Paolo Apostolo)
Una vita che contempla anche difficoltà e incomprensioni, quando va bene, persecuzioni, quando si è nel mirino, come avviene per molti “cristiani”, anche qui da noi, nel mondo così detto occidentale.
D’altronde, ancora una volta Gesù ce lo ripete:“…chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.” (dal Vangelo secondo Matteo)
Non ci carica giusto per caricarci, sa bene che nella vita di noi cristiani non mancheranno momenti difficili, anche gravi, ma se ci mettiamo alla sequela della sua croce, quella della sua passione, allora troveremo consolazione e vivificazione. Con lui non si soccombe, non si muore, perché Lui per primo si è degnato di noi e continua a farlo con il suo Amore assoluto.
Siamone degni.
2Re 4,8-11.14-16a  / Sal 88(89) / Rm 6,3-4.8-11 / Mt 10,37-42
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