Pasqua di Risurrezione del Signore
Anno A
Sia chiaro una volta per tutte e per tutti,
Gesù non ha detto ai suoi discepoli: “se volete annunciate alla gente…, per
favore ricordatevi di…; con il dialogo cercate di…”, no, no, ha detto, come
riferisce Pietro: “…e ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare
che Egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio…chiunque crede in
lui riceve il perdono per mezzo del suo nome.” (degli Apostoli)
Perciò il nome di Gesù dovrebbe sempre essere sulla nostra bocca e al centro delle liturgie. In uno scritto di Santa Caterina da Siena ho trovato questo passaggio che, mi sembra, spiega come dare senso a quel comando: “L’anima arde e si nutre nell’amore della verità e per amore della verità preferirebbe la morte all’oblio della verità. Ella non tace la verità quando è tempo di parlare, poiché non teme la gente del mondo.”
Così come non la temettero i primi cristiani, anche quelli di oggi hanno i giusti spazi per darne testimonianza, come dice il Salmo: “…non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore.” (Salmo 117)
Non si tratta, ovviamente, del morire fisico, quello ci sarà per tutti, si tratta del morire al peccato. Necessario per essere un buon testimone delle opere che il Buon Dio, tramite i suoi discepoli, riesce ad offrire all’umanità sofferente. Quante meravigliose opere, infatti, si sono susseguite nei secoli cristiani, grazie alla carità e alla intraprendenza dei figli di Dio. Oggi, forse non occorre più perché la coscienza civile ha ormai assimilato come diritti fondamentali ciò che non era scontato, come l’assistenza sanitaria, lo studio, la condivisione, la pace.
Oggi, senza forse, occorre ritornare ad impegnarsi contro i progetti che vogliono scardinare la civiltà cristiana., tanto faticosamente costruita.
Per questo trovo appropriato un pensiero di Papa Benedetto XVI sempre più attuale: “Proclamare la verità integrale della famiglia fondata sul matrimonio come Chiesa domestica e Santuario della vita è una responsabilità di tutti.”
Se perdiamo di vista questa prospettiva di impegno che porta al centro la trasmissione dell’annuncio del Vangelo di Gesù, faremo fatica a capire l’Apostolo quando ci dice: “…fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù dove è Cristo, seduto alla destra di Dio.” (Lettera ai Colossesi)
Cioè, sforziamoci di mettere al centro del nostro vivere la persona di Gesù che con l’istituzione dell’Eucaristia ci ha assicurato di stare “seduto” al nostro fianco. Con lui tutto sarà più facile, con lui ogni problema sarà superabile perché ha dato la vita per noi. Ci ha spiegato come è giunto ad accettare la volontà del Padre, cosa non facile da capire, ammettiamolo, se anche i suoi primi discepoli non c’erano arrivati, da quanto si desume dall’ascolto del Vangelo: “…allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.” (Vangelo secondo Giovanni)
Quante volte aveva detto loro come sarebbero andate a finire le cose a Gerusalemme: sarebbe stato consegnato e ucciso e poi sarebbe risorto. Mi piace, per esempio, ricordare l’unzione di Betania, quando Maria si mise ad ungere con il profumo di puro nardo i piedi di Gesù asciugandoli con i suoi capelli. E’ un atto d’amore che solo Gesù comprende, mentre gli altri presenti si rammaricano per lo spreco di quanto si sarebbe potuto usare per i poveri. Il Signore, invece, apprezza quel vaso aperto, già pronto per profumare il suo sepolcro, dove si consumerà l’amore più bello, quello della Risurrezione. Quel sepolcro dove, vedendo la Sindone, il discepolo finalmente capì, si ricordò delle profezie come in un flash e la fede si consolidò per sempre.
Anche noi abbiamo questa possibilità.
Per poi andare ed annunciare, come ci ha ordinato Gesù.
Perciò il nome di Gesù dovrebbe sempre essere sulla nostra bocca e al centro delle liturgie. In uno scritto di Santa Caterina da Siena ho trovato questo passaggio che, mi sembra, spiega come dare senso a quel comando: “L’anima arde e si nutre nell’amore della verità e per amore della verità preferirebbe la morte all’oblio della verità. Ella non tace la verità quando è tempo di parlare, poiché non teme la gente del mondo.”
Così come non la temettero i primi cristiani, anche quelli di oggi hanno i giusti spazi per darne testimonianza, come dice il Salmo: “…non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore.” (Salmo 117)
Non si tratta, ovviamente, del morire fisico, quello ci sarà per tutti, si tratta del morire al peccato. Necessario per essere un buon testimone delle opere che il Buon Dio, tramite i suoi discepoli, riesce ad offrire all’umanità sofferente. Quante meravigliose opere, infatti, si sono susseguite nei secoli cristiani, grazie alla carità e alla intraprendenza dei figli di Dio. Oggi, forse non occorre più perché la coscienza civile ha ormai assimilato come diritti fondamentali ciò che non era scontato, come l’assistenza sanitaria, lo studio, la condivisione, la pace.
Oggi, senza forse, occorre ritornare ad impegnarsi contro i progetti che vogliono scardinare la civiltà cristiana., tanto faticosamente costruita.
Per questo trovo appropriato un pensiero di Papa Benedetto XVI sempre più attuale: “Proclamare la verità integrale della famiglia fondata sul matrimonio come Chiesa domestica e Santuario della vita è una responsabilità di tutti.”
Se perdiamo di vista questa prospettiva di impegno che porta al centro la trasmissione dell’annuncio del Vangelo di Gesù, faremo fatica a capire l’Apostolo quando ci dice: “…fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù dove è Cristo, seduto alla destra di Dio.” (Lettera ai Colossesi)
Cioè, sforziamoci di mettere al centro del nostro vivere la persona di Gesù che con l’istituzione dell’Eucaristia ci ha assicurato di stare “seduto” al nostro fianco. Con lui tutto sarà più facile, con lui ogni problema sarà superabile perché ha dato la vita per noi. Ci ha spiegato come è giunto ad accettare la volontà del Padre, cosa non facile da capire, ammettiamolo, se anche i suoi primi discepoli non c’erano arrivati, da quanto si desume dall’ascolto del Vangelo: “…allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.” (Vangelo secondo Giovanni)
Quante volte aveva detto loro come sarebbero andate a finire le cose a Gerusalemme: sarebbe stato consegnato e ucciso e poi sarebbe risorto. Mi piace, per esempio, ricordare l’unzione di Betania, quando Maria si mise ad ungere con il profumo di puro nardo i piedi di Gesù asciugandoli con i suoi capelli. E’ un atto d’amore che solo Gesù comprende, mentre gli altri presenti si rammaricano per lo spreco di quanto si sarebbe potuto usare per i poveri. Il Signore, invece, apprezza quel vaso aperto, già pronto per profumare il suo sepolcro, dove si consumerà l’amore più bello, quello della Risurrezione. Quel sepolcro dove, vedendo la Sindone, il discepolo finalmente capì, si ricordò delle profezie come in un flash e la fede si consolidò per sempre.
Anche noi abbiamo questa possibilità.
Per poi andare ed annunciare, come ci ha ordinato Gesù.
At 10,34a.37-43 / Sal 117(118) / Cor 3,1-4 / Gv 20,1-9
digiemme