IL NOSTRO SCUDO



Quinta Domenica di Pasqua (Anno A)
Vado con la memoria agli antichi crociati con la croce rossa sullo scudo quando leggo il Salmo: “…egli è nostro aiuto e nostro scudo…”. Quelli mettevano in gioco la loro vita, sicuramente molti, per permettere ai credenti di professare la propria religione, soprattutto presso i luoghi dove ha vissuto Gesù. Noi cosa mettiamo in gioco, oggi, di fronte alle minacce delle persecuzioni che milioni di cristiani sopportano con eroica determinazione? Il loro martirio ci lascia indifferenti, anzi vediamo una crescente apostasia, un progressivo indifferentismo per tutto ciò che riguarda la vita della Chiesa.
Sono turbato per tutto questo, lo ammetto, ma Gesù ci richiama, ci consola:
“…non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio, abbiate fede anche in me.”

Questa espressione è di una tenerezza unica, riempie il nostro cuore, come possiamo restarne indifferenti, ci viene in soccorso ancora il Salmo:
“…è in Lui che gioisce il nostro cuore, nel suo santo nome noi confidiamo.”
Se solo ne fossimo convinti al 100%, spaccheremmo il mondo, tutti verrebbero a Lui e succederebbe come ai tempi delle prime comunità cristiane, dove le conversioni erano numerose al punto da creare difficoltà nella gestione della comunione dei beni, come ci raccontano gli Atti degli Apostoli:
“…cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza…Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola.”
Qui nasce il diaconato, il servizio alle mense, in parole più esplicite, il dovere della carità nei confronti del prossimo. Sia ben chiaro, praticare la carità non è compito solo del diacono, ma di ogni buon cristiano. In qualche modo viene sottolineato come alle opere di carità bisogna dedicarsi con intelligenza, scienza e coscienza. Coloro che si dedicano alla preghiera e all’annuncio della Parola non ne sono esenti, ma è evidente che senza questi due presupposti non ci sarà mai carità.

Vediamo bene, quindi, che per prima cosa i buoni diaconi devono partire dalla preghiera e non solo loro come dice bene Pietro nella sua prima lettera:
“…quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola.”
Ecco l’altro punto. Senza l’accostarsi in continuità alla Parola non si va da nessuna parte, si trovano tanti ostacoli, mille scuse, piagnucolosi alibi, per defilarsi, per deresponsabilizzarsi, per giustificarsi.
Senza preghiera, perciò, senza ascolto quotidiano della Parola, non ci sono scudi da imbracciare, non ci sono mense da servire, ben che vada ci sarà solo tanta filantropia.
Che vita ci rimane, allora, da vivere se si prosegue a tentoni, se si improvvisa secondo i potenti di turno, a chi rivolgersi per trovare fondamento sul senso della nostra esistenza? IL Vangelo di oggi è esplicito e chiaro:
“…Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.”
Sulla facciata della chiesa di San Giuseppe al Cascame è riportata questa verità. Ogni volta che un fedele entra in quell’edificio spirituale, ed evidentemente non solo in quello, fatto di pietre vive, ha di che riflettere, incontrando Gesù nel tabernacolo.
Sembra fermo, statico, in quell’Ostia Santa, eppure è in quel corpo che c’è la promessa della vita, soprattutto della vita eterna, riscattata nel sacrificio, c’è la verità inoppugnabile dell’Amore creatore che dona la vita, c’è la porta che apre alla via da percorrere per arrivare al Padre, all’eterno suo abbraccio.
At 6,1-7 / Sal 32(33) / 1Pt 2,4-9 / Gv 14,1-12

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