Domenica XXXIII del Tempo Ordinario
Sono
tempi grami, per i cattivi e per i buoni. Il profeta Malachia ci va giù
pesante:…allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizie saranno
come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà…fino a non lasciare loro né
radice, né germoglio”
Che
dire? La storia non c’insegna nulla? Così come viene presentato il fuoco è
chiaramente l’anteprima dell’inferno. E quanti inferni, solo negli ultimi tre
secoli, l’umanità ha dovuto sopportare, dalla rivoluzione francese alla seconda
guerra mondiale, dalle stragi vandeane a quelle spagnole, dal genocidio armeno
all’olocausto, dal comunismo al nazismo, e altre scie di sangue ancora e poi
ancora.
Non
c’è scampo, dice il profeta che non rimarrà più radice e più germogli, i popoli
saranno stravolti, non si riconosceranno più, non faranno più figli, niente più
germogli con l’aborto imposto per legge, con la produzione programmata dei
figli dell’uomo, e tutti saranno cancellati dalla faccia della terra.
In
particolare succederà così per i cristiani, come accadde per i cristiani del
nord Africa e come succede per quelli del Nord Europa e come avverrà anche per
noi se intraprenderemo, anche noi, la via luterana.
Questo
fuoco si espanderà, brucia ancor di più se non mettiamo mano, in modo serio e
degno al lavoro che responsabilizza, senza cercare le facile via d’uscita…tanto
ci penserà qualcun altro…
Ma
il Salmo ci dà il preambolo con cui si muoverà il Signore:…”davanti al Signore
che viene a giudicare la terra: giudicherà il mondo con giustizia e i popoli
con rettitudine”.
In
questi tempi, quindi, conviene proprio accettare i consigli dell’apostolo
Paolo:…”non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato
gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno,
per non essere di peso ad alcuno di voi”
Ci viene in mente qualcosa?
Gli
avvenimenti, gli accadimenti di questi anni non sono già dei castighi?
Escludendo
assurdamente che possano avere connotazioni divine è solo segno di superbia,
come a dire che i nostri, personali, peccati non hanno alcuna conseguenza in
noi e in quelli che ci stanno attorno.
E’
come a dire che Gesù esagera quando nel Vangelo di Luca:…”vi perseguiteranno,
imprigioneranno, a causa del mio nome…sarete traditi…vi uccideranno…sarete
odiati…a causa del mio nome…Con la vostra perseveranza salverete la vostra
vita”
Ma
quando mai…a causa del nome, se anche così fosse, basterebbe cancellare il suo
nome e tutto sarebbe più tranquillo e più semplice. E’ forse quello che sta
avvenendo o si cerca di realizzare con una ipotetica nuova chiesa del terzo
millennio.
Quante
cose stanno crollando, anche la chiesa di San Benedetto, quante certezze,
quante verità si vogliono cancellare, quasi a proiettarsi verso una chiesa
terza, senza più il suo nome. E il fuoco brucia, ma se persevereremo nella
professione di fede, sul suo Nome, avremo salva la vita.
Soprattutto
avremo salvi le radici e i germogli. La Chiesa è di Dio, in Lui sono le nostre
radici, potranno avvelenare la pianta, tagliare tutti i rami, incidere il
tronco, ma il seme sottoterra è Lui che lo custodisce e quando rispunterà
dall’arida terra, sicuro, troverà mani bianche e pure capaci teneramente di
proteggere i germogli e di innescarli nella millenaria tradizione di una Chiesa
che non muore. Magari non saranno le nostre mani, ma che importa,
preoccupiamoci, con coerenza, di tenere fra le nostre quelle dei nostri figli e
dei nostri nipoti.
Ml
3,19-20a / Sal 97(98) / 2Ts 3,7-12 / Lc 21,5-19
digiemme