L’inutile servo
“Siamo servi inutili.
Abbiamo fatto quanto
dovevamo fare”
Ci sono giornate che non ti fermi manco con le cannonate: fai tutto
quello che devi fare per la tua famiglia, per gli amici, per il lavoro, per la
Chiesa, per il mondo, e poi ti accorgi, gioco forza, che sei sfinito e ti lasci
andare. Ci pensi e ripensi, prendi in mano il Vangelo e leggi: “…quando avrete
fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo
fatto quanto dovevamo fare.” (dal Vangelo secondo Luca)
Mamma mia, neanche un grazie! Il
mondo sembra vada avanti anche senza di te, stessa cosa la Chiesa, gli amici
stanno sempre più distanti ed in casa ognuno, apparentemente, fa per sé. Ecco,
forse per questo si è “servi inutili”. In verità, è una provocazione che viene
dal Buon Dio per importi a riflettere sul senso del servizio che svolgiamo nel
corso della vita a favore degli altri. Che è cosa buona e giusta, ma va svolto in
semplicità, senza recriminazioni, in umiltà. Perché, “chi ha imparato l’umiltà,
è venerato, come se portasse la corona e la porpora.” (Isacco di Siria)
Bella questa espressione, mi risolleva il morale, e mi spinge a: “…non vergognarmi dunque di dare testimonianza al Signore nostro.” (dalla 2a Lettera di San Paolo a Timoteo)
Bella questa espressione, mi risolleva il morale, e mi spinge a: “…non vergognarmi dunque di dare testimonianza al Signore nostro.” (dalla 2a Lettera di San Paolo a Timoteo)
Occorre, per fare questo, una
forte determinazione ed una incrollabile fede. Oggi chi porta un crocifisso al
collo è subito etichettato secondo criteri politici, con gli argomenti tipici
del politicamente corretto. Ben che vada, ti snobbano come bieco conservatore,
a meno che, come “cattolico adulto”, non sei a favore dell’aborto, con “bella
ciao” e compagnia cantante.
Non fa niente, se essere “servo
inutile” è alla fin fine una virtù, sappiamo che questa virtù “rende buono
colui che la possiede e rende buone le sue opere.” (San Tommaso d’Aquino)
E’ quanto basta, sia per le opere
da compiere come discepoli di Cristo, sia per il bene che viene da una vita
vissuta nella fede. Infatti: “…ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto,
mentre il giusto vivrà per la sua fede.” (dal Libro del profeta Abacuc)
Non si dubiti di questa profezia,
come la storia del popolo prescelto insegna, lo stolto, il disonesto,
l’approfittatore, il despota, anche se in posti di comando, di potere, prima o
poi soccombono e la giustizia sarà ripristinata proprio grazie alla fede di chi
avrà testimoniato l’Amore di Dio Padre e del Figlio Gesù Cristo.
Tutto ciò non avviene in
automatico, ma occorre chiedere con umiltà e perseveranza il dono che viene
dallo Spirito, purché, siamo capaci di culto.
Dai, “entriamo: prostràti,
adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.” (dal Salmo 94)
Il primo dono, quello della vita,
è totalmente gratuito, per questo ogni vita umana rifiutata, uccisa al suo
apparire è un sacrilegio, tutti gli altri bisogna meritarseli e chiederli con
fiducia ed insistenza. Ottenuti, la fatica a fine giornata non appesantirà il
nostro animo, anzi ne godremo gli esiti in uno stato di abbandono al punto di
pensarla come un re, Alfonso di Aragona che ha lasciato scritto: “la felicità
sta nel sapersi far governare da Dio, in lui abbandonarsi e in lui confidare.”
Allora è proprio vero che è
possibile sentirsi come un re, con la sua corona e la sua porpora, pronto,
però, a governare nella propria vita con lo scettro della croce, quello scelto
da Gesù. Il potere che ne deriva, vince la morte; e ne siamo investiti pure
noi, non più solo come “servi inutili”, ma anche come semplici cavalieri al
servizio della verità e della giustizia.
Ab 1,2-3;2,2-4 / Sal
94(95) /
2Tm 1,6-8.13-14 / Lc 17,5-10digiemme