Farsi carico
“C’era un uomo ricco…… e uno povero.....!”
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Mi capita, proprio in questi
giorni, di riprendere il libro di Geoges Bernanos, “Diario di un curato di
campagna”, e leggo: “mi dicevo dunque che il mondo è divorato dalla noia.
Naturalmente, occorre riflettervi un po’ per rendersene conto, non ce se
accorge subito. E’ una specie di polvere. Andate e venite senza vederla, la
mangiate, la bevete, è così sottile, così tenue, che non scricchiola neanche
sotto i denti.”
Questa riflessione dell’autore
francese, cattolico, l’ho trovata affine al passo del profeta Amos, quando
dice: “guai agli spensierati di Sion e a quelli che si sentono sicuri.”
Tocchiamo con mano, lo vediamo con i nostri occhi cosa succede in tutti quei paesi dove la guerra è di casa: distruzione e morte, orfani e vedove, realtà che da sempre fanno da scenario nei crudeli conflitti dell’umanità.
Ma, come ci ricorda il Salmo: “…il Signore, Egli, sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi.”
Confidiamo, perciò, nella sua opera salvifica e nel suo intervento nella storia, sapendo che, comunque, occorre la nostra compartecipazione, con il nostro appartenere alla Chiesa di Cristo, con il vivere in pienezza la fede.
Dobbiamo, però, sforzarci di vivere così: “vigilando su noi stessi in tutta umiltà e amor di Dio ed Egli ci benedirà e sarà nostra protezione e nostra guida.” (San Borsanufio di Gaza)
Abbiamo anche una linea, una prassi che ci viene indicata da San Paolo quando scrive, nella prima Lettera a Timoteo: “…tendi, invece, alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza.”
Occorre perseguire, dunque, tali indirizzi, anche perché: “quanto più uno si raccoglierà in sé stesso e si farà interiormente semplice, tanto più elevate e sublime cose intenderà senza fatiche, perché riceverà dal cielo la luce dell’intelligenza.” (Tommaso da Kempis)
Davvero serve tanta intelligenza per capire la questione del vivere e del morire con un qualche senso, indipendentemente dalle condizioni sociali in cui ciascuno si trova a dover barcamenarsi. Come riporta il Vangelo di oggi, che racconta di due personaggi cui la vita ha concesso privilegi da una parte e povertà dall’altra. Hanno vissuto la loro situazione in modo diverso. Il ricco in modo spensierato e sicuro dei suoi mezzi, incurante di quanti attorno a lui erano indigenti; il povero in umiltà, al punto di affidarsi, con speranza, a quanti lo avrebbero potuto aiutare a tirare avanti, in dignità e condivisone delle risorse.
Fino a quando: “…un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.” (dal Vangelo secondo Luca)
Da notare, in questi versetti di Vangelo, il trattamento diverso per i due soggetti: per il povero intervengono gli angeli, per il ricco, “fu sepolto”, punto e basta. Non c’è più nulla aggiungere, sembrerebbe, anche se poi il Vangelo prosegue e ci parla del Paradiso e dell’inferno.
In realtà, per la giustizia di Dio, non occorrono spiegazioni più di tanto, è la vita che ciascuno conduce a preconizzare la vita eterna. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori diceva: “la pazienza è quella che ottiene il paradiso.” Così è stato per il povero, così è e sarà per ciascuno di noi che saprà farsi carico, con pazienza, dei bisogni del prossimo, dell’orfano e della vedova, dei più poveri fra i poveri.
Am 6,1a.4-7 / Sal 145(146) / 1Tm 6,11-16 / Lc 16,19-31
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