LASCIARE PER TROVARE

XXVIIIa Domenica T.O.(Anno B)

Mi viene in mente San Francesco: quando guardiamo alla sua vita, vediamo che egli si è scrollato di dosso il “giogo” dell’agiatezza e della ricchezza di suo padre e si è caricato quello di Gesù. Prima era carico di preoccupazioni, di dissipazioni, di vita “nonsense” che lo hanno portato alla guerra, alla prigione e quasi alla morte. Poi, dopo la rinuncia al padre terreno per servire unicamente il padre celeste, si è trovato libero, leggero, amante della creazione, persino della morte: “… non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle, o madre o padre o figli o campi per causa mia … che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto.” (dal Vangelo secondo Marco)
    Francesco si trovò così, suo malgrado, ad avere un sacco di fratelli, di sorelle, di padri e di madri, desiderosi di vivere secondo la sua regola e proprio nel suo tempo. Non gli mancarono le sofferenze e neppure le persecuzioni ed il martirio nel nome del Signore, come avvenne per tanti suoi frati:“… cento volte tanto, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.”
    A questo dovremmo aspirare, come cristiani, alla vita eterna. E’ aspirazione che dovrebbe spingerci alla coerenza, alla responsabilità e alla sapienza: “… pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza.” (dal Libro della Sapienza)
    E’ con la preghiera che riusciamo a trovare il bandolo della matassa che è la nostra vita, per capire cosa dobbiamo perseguire, per rispondere alla chiamata che sicuramente, almeno una volta, riusciamo a recepire, quanto meno a livello vocazionale. La Parola della settimana scorsa ci ha indicato il progetto matrimoniale, in quella di oggi possiamo coglierne gli albori di quella sacerdotale o religiosa. In un libro che ho letto in questi giorni, “La morte viene per l’arcivescovo” di Willa Cather, viene raccontata la storia di due sacerdoti, cresciuti nello stesso seminario, ed è forti della loro vocazione, che maturano la decisione di partire missionari. Potevano vivere vicino alle loro famiglie, fare i curati, i prevosti, stimati e riveriti in una Francia ancora cattolica, ed invece hanno abbandonato tutto e per non avere ripensamenti partirono quasi di nascosto, per il timore di non farcela: “… non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto negli occhi di colui al quale dobbiamo rendere conto.” (dalla Lettera agli Ebrei)
    Se tutti avessimo ben presente questa certezza, non vivremmo questa crisi sociale e religiosa epocale che sta capovolgendo il mondo di ieri, come quello in cui sono cresciuti quei due sacerdoti, dove, in fondo, sono cresciuto pure io e quasi tutti i miei 23 lettori. Se tutti avessimo ben presente questa certezza non ci sarebbero tutti questi peccati contro la vita. Hai voglia di chiedere garanzie sulla privacy, ma alla fine, ricordi Caino?, ti si chiederà: “madre, che ne è stato di tuo figlio?”, “di tuo padre, di tua madre?” I brividi scorrono nelle nostre vene, non facciamo come quel tale di cui parla il Vangelo e chiediamo: “… sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l’opera delle nostre mani.” (dal Salmo)
    Rendi saldo Signore il nostro cuore, limpida la nostra coscienza affinché possiamo, con la sapienza che viene da te, tu che sei la Sapienza, rifulgere di quello “splendore che non tramonta”.  Che possiamo “amarti più della salute e della bellezza”, perché questi passano e vanno. Anche di questo si dovrà rendere conto.

Sap 7,7-11 / Sal 89 / Eb 4,12-13 / Mc 10,17-30
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