XIIa Domenica T.O. (Anno B)
A chi è capitato di stare in mare quando questo è in tempesta, riuscirà facile
immaginare la scena che racconta il Vangelo. Fanno davvero paura quel vento infernale,
quella pioggia sferzante, quelle onde minacciose, quell’oscurità incombente. I
marinai indaffarati corrono dal ponte alla prua, cercano di tranquillizzare, ma
fintanto che non s’intravvedono i segnali del vicino porto, l’angoscia,
silenziosa, avvinghia nella sua morsa. Il mare è impetuoso, solo Dio può
domarlo, così fece Don Camillo pregandolo nel famoso episodio del “Compagno Don
Camillo”. La metafora del mare impetuoso è pure utilizzata per stigmatizzare
l’uomo impetuoso che crede di non avere limiti: “…
fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde.”
(dal Libro di Giobbe)
A
volte, infatti, proprio per il nostro orgoglio, riusciamo ad innestare tempeste
dagli esisti inimmaginabili. Facile pensare ai disastri delle guerre fra popoli
, alle divisioni nelle stesse famiglie, con genitori contro figli, fratelli
contro fratelli, nella stessa società civile, con battaglie politiche per il
predominio degli uni sugli altri, nella stessa Chiesa, per la ricerca di
privilegi e di gloria fra gli uomini. Ma Dio sa mettere i limiti oltre i quali
l’uomo si perde, si allontana e poi ritorna sui suoi passi. Come il bambino
che, nei suoi capricci, ha buttato con le manine il petto della mamma e subito
dopo, nella sua povertà e nel suo bisogno , a chi altri potrà rivolgersi, se
non a lei? E’ così. E la madre lo coccola, lo abbraccia stretto, come per quelli
che: “…
nell’angoscia gridarono al Signore ed egli li fece uscire dalle loro angosce.”
(dal Salmo)
Se, dunque, noi che siamo paurosi per quello che sta accadendo in mezzo a noi e viviamo nell’angoscia, per molti causa di malattia, di depressione, e non sappiamo come uscirne, abbiamo quest’ultima carta da giocare, rivolgerci al Signore, perché: “… se uno è in Cristo, è una creatura nuova, le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.” (dalla seconda Lettera di San Paolo ai Corinti)
Don Bosco spesso raccontava i suoi sogni ai ragazzi perché si sentissero sempre più di Cristo. In particolare, mi viene in mente quello delle “due colonne”. Il mare è il teatro del sogno, turbolento, squassato da una battaglia drammatica fra navi e barche, dove una nave grande, che rappresenta la Chiesa, rischia di affondare, sfiancata dai nemici e mal protetta dalle barche piccole che sono i fedeli. Quella nave grande e alcune barche piccole hanno, però, come punto di riferimento per la salvezza, due colonne indistruttibili, una con la statua della Madonna, soccorso dei cristiani, l’altra con l’Ostia Divina del Sacrificio che vince la morte. Ecco come poter divenire creature nuove, rivolgendo il nostro sguardo a quelle colonne, senza mai perderle di vista. Tanto più che dopo una tempesta arriva, comunque, sempre la bonaccia: “… il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (dal Vangelo secondo Marco)
Come si suol dire: “uomini di poca fede” che altro non siamo, se ci lasciamo trascinare dagli eventi, dimenticandoci che sulla nostra barca c’è Gesù. Gli abbiamo dato il cuscino, che altro è se non la nostra adesione ai suoi insegnamenti? Eppure, quanto presto ad altri ci rivolgiamo. Abbi fede, ci dice oggi Gesù. Non un ingenuo ottimismo che può suggerire la bonaccia, ma un abbandono al suo amore. Certo non si può improvvisare, perché oltretutto altre tempeste o burrasche sono sempre possibili, occorre affidarsi nella preghiera e sostenersi nei Sacramenti. Perché contro ogni apparenza, noi ci troviamo nel progetto di bene, di salvezza e di pace di Dio. Solo così non ci sarà tempesta che tenga.
Se, dunque, noi che siamo paurosi per quello che sta accadendo in mezzo a noi e viviamo nell’angoscia, per molti causa di malattia, di depressione, e non sappiamo come uscirne, abbiamo quest’ultima carta da giocare, rivolgerci al Signore, perché: “… se uno è in Cristo, è una creatura nuova, le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.” (dalla seconda Lettera di San Paolo ai Corinti)
Don Bosco spesso raccontava i suoi sogni ai ragazzi perché si sentissero sempre più di Cristo. In particolare, mi viene in mente quello delle “due colonne”. Il mare è il teatro del sogno, turbolento, squassato da una battaglia drammatica fra navi e barche, dove una nave grande, che rappresenta la Chiesa, rischia di affondare, sfiancata dai nemici e mal protetta dalle barche piccole che sono i fedeli. Quella nave grande e alcune barche piccole hanno, però, come punto di riferimento per la salvezza, due colonne indistruttibili, una con la statua della Madonna, soccorso dei cristiani, l’altra con l’Ostia Divina del Sacrificio che vince la morte. Ecco come poter divenire creature nuove, rivolgendo il nostro sguardo a quelle colonne, senza mai perderle di vista. Tanto più che dopo una tempesta arriva, comunque, sempre la bonaccia: “… il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (dal Vangelo secondo Marco)
Come si suol dire: “uomini di poca fede” che altro non siamo, se ci lasciamo trascinare dagli eventi, dimenticandoci che sulla nostra barca c’è Gesù. Gli abbiamo dato il cuscino, che altro è se non la nostra adesione ai suoi insegnamenti? Eppure, quanto presto ad altri ci rivolgiamo. Abbi fede, ci dice oggi Gesù. Non un ingenuo ottimismo che può suggerire la bonaccia, ma un abbandono al suo amore. Certo non si può improvvisare, perché oltretutto altre tempeste o burrasche sono sempre possibili, occorre affidarsi nella preghiera e sostenersi nei Sacramenti. Perché contro ogni apparenza, noi ci troviamo nel progetto di bene, di salvezza e di pace di Dio. Solo così non ci sarà tempesta che tenga.
Gb 38,1.8-11 / Sal 106 / 2Cor 5,14-17
/ Mc 4,35-41
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