2 gennaio 2021

IL FIORE DI FRUMENTO

IIa Domenica dopo Natale

Sono andato a cercare un’immagine di questo misterioso fiore di frumento, ma tranne che spighe non ho trovato. Sarò un po’ imbranato, ma poi mi sono detto: vuoi vedere che quel sostantivo sta ad indicare un’altra cosa, come per esempio la bellezza. Infatti, quasi ogni fiore è sinomino di bellezza. E questo è già un punto fermo, poi, abbiamo il frumento che rimanda al pane, allora rileggo il versetto:
“…Egli mette pace nei tuoi confini e ti sazia con fiore di frumento.” (dal Salmo 147)
E capisco che ogni qualvolta partecipo alla Santa Messa, mi accosto alla bellezza e, se posso, ricevo pure l’Eucaristia, quel “pane” che sazia per sempre. Ora capisco come per certi mistici sia stato possibile vivere solo con quella sottile Ostia, pane di vita. Certo, per gente come me, questo non è possibile, ma è fuor di dubbio che ascoltando, seriamente, quella Parola, si è nelle condizioni di cogliere e vivere in sé la bellezza, la consolazione e la pace. E rileggo: “mette pace” nei miei confini, nei nostri confini che non sono quelli d’Israele, a suo tempo, oppure dell’Italia di oggi, bensì i confini del mio essere, della mia famiglia, della mia casa, del mio paese. D’altronde se dentro di me prevale l’indifferenza, il menefreghismo, lascio chi mi sta attorno nella confusione, nel conflitto. Se in famiglia non coltivo la pace il risultato sarà il divorzio, l’aborto, l’abbandono. Se in un paese non metto semi di pace, la conseguenza sarà la lacerazione del tessuto sociale, vincerà la logica della violenza, del potere fine a sé stesso. Ecco, da un semplice versetto, mi dico, guarda quali conseguenze si possono trarre. Se poi ci aggiungiamo l’ascolto del Prologo di Giovanni, e ci fermiamo a leggerlo e rileggerlo, ci frastorna, ma ci riporta ancora a riflettere sulla bellezza:
“…veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo…eppure il mondo non lo ha riconosciuto…la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Benedetto XVI così disse ad un gruppo di artisti incontrati nella Cappella Sistina: “l’autentica bellezza schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, di amare, di andare verso l’Altro, verso l’Oltre da sé.” Sono parole queste che rimandano a “la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” perché la bellezza per essere veramente tale deve legarsi al vivere, cioè non può essere fine a sé stessa. In sintesi, è bello ciò che risponde alla questione fondamentale dell’esistere, è bello ciò che attiene alla questione del senso della vita. Per stringere ancora di più il concetto, la bellezza è nostalgia dell’infinito. Pertanto, Dio è bellezza. Si capisce meglio, allora, quella famosa “confessione” di Sant’Agostino quando dice: “tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato.”
Dal principio, invece, Lui ci ha amato e ci ama perché: “…in lui ci ha scelto prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità. (dalla Lettera di San Paolo agli Efesini)
Quindi, siamo stati scelti, ciascuno di noi è chiamato ad essere candido, puro, bello, ma, secondo quanto scrive San Paolo, non nell’arte, bensì nella carità, cioè nell’impegno a servire, ad amare Dio nel prossimo. Siccome non è facile e sa di che pasta siamo fatti, Dio: “…ha posto le radici in mezzo a un popolo…nell’assemblea dei santi ha preso dimora (dal Libro del Siracide)
Cioè non ci abbandona e ci chiama alla sua contemplazione per rinnovare in noi la grazia di comprendere veramente qual è la missione di Gesù, che rinasce, come abbiamo appena celebrato, nella bellezza e nella gioia dei nostri cuori.
Sir 24,1-4.12-14 / Sal 147 / Ef 1,3-6.15-18 / Gv 1,1-18

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