23 aprile 2016

DIARIO DI UN PELLEGRINO: LOGRONO - NAVARRETE Ottava tappa 12 Agosto 2008 h.4,30 di cammino

“Rendimi sereno, Signore”
Sarà stato che le tossine accumulate il giorno prima avevano raggiunto un livello stratosferico, sarà stato che il ritornare a dormire in un letto a due piazze, senza compagnie suonanti varie, ma la sveglia proprio non la sentimmo. I preparativi di partenza si sono, quindi, dipanati oltre ogni misura e le semideserte vie di Logrono ci hanno visto passare semiaddormentati in un orario di giornata a perdere. La cosa non ci è dispiaciuta: abbiamo assaporato l'atmosfra della prima mattinata che raccoglie la gente nell'atteggiamento di chi va a conquistare il mondo.I profumi che si alzano da bar e pasticcerie, il rumore del traffico quasi insordinato  da una luce incerta che prefigura temporale in lontananza, i fedeli dello jogging che utilizzano al meglio gli ampi marciapiedi della periferia, prima, e poi le piste proprie dell’iniziale parco fluviale che si spinge verso l’Alto de La Graiera, è questo il mondo che noi andiamo a conquistare.
In tutto questo po’ po’ di ambientamento ci stiamo proprio bene e non soffriamo, questa volta, la periferia della grande città.
E così approdiamo al laghetto del “parque de La Graiera”, dove le prime gocce del preannunciato rovescio ci obbligano ad incappucciarci con la mantella. Neanche 100 passi e tutto passa e ritorna il sole che ci scalderà per tutto il giorno e per i giorni a venire.
Siamo proprio rilassati e ci lasciamo incantare dalle centinaia di croci, di misure varie, che sono incastrate, appese, infilate negli intrecci di una “raminata” che delimita e protegge il passaggio del sentiero sovrastante la “carretera” statale.
Questa crociera all’aperto cresce di giorno in giorno ad opera dei pellegrini che trovano la materia prima nelle vicinanze di una fabbrica che lavora il legno, probabilmente una segheria per la produzione di pallets. Sta di fatto che questi 500 metri di crocifissi in parete fa uno strano effetto, come dire, una via crucis che s’innesta sulla tua via e ti spinge a domandarti quale sarà, nella vita, la tua futura e sicura “via crucis”.
Pensieri che accompagnano il rosario che, nel frattempo, in te, stai recitando, in preghiera di suffragio per i vivi e per i morti a te più cari.
Dal sacro al profano, però, il passo è breve ed è richiamato dall’enorme, nera, sagoma del “toro”, simbolo univoco della Spagna caliente e corridera.
Alla nostra vista compare all’improvviso, dopo una svolta, intronato su un terrapieno che sovrasta, anch’esso, la sottostante superstrada che collega Logrono a Burgos. Domina e ammonisce il traffico intenso che scorre veloce verso i monti dell’Oca che lo costringeranno ad una lenta fiumana d’inquinanti motorizzati.
Il sentiero, per noi. invece, si sviluppa senza altre difficoltà e Navarrete già s’intravede adagiata sulla sua morbida collina. Ben si gusta, quindi, la lettura di questa breve preghiera di W.E. Sangster:
Dammi nel frastuono della mia giornata, la calma delle eterne vette.
Allenta la tensione dei miei nervi e dei miei muscoli, così che io possa ascoltare
nella mia memoria la musica dolce del mormorante ruscello.
Aiutami a riscoprire il magico ristoro del sonno.
Insegnami l’arte di sostare un poco a guardare un fiore, a chiacchierare con un amico,
a carezzare un cane, a leggere poche righe da un buon libro.
Rendimi più sereno, Signore, e ispirami affinché io sappia affondare le mie radici
nel terreno degli eterni valori della vita
e possa innalzarmi verso le stelle del mio più grande destino.
Navarrete è una dolce cittadina abbellita da una serie di statue, piazzate qua e là, che esaltano in gesti e posizioni antichi lavori o stili di vita locale. Arriviamo poco dopo le 12,30 e decidiamo di fermarci. L’Albergue municipale è ancora chiuso, perciò facciamo spesa e troviamo un alloggio in appartamento. Il pomeriggio lo dedichiamo, quindi, al riposo e alla visita particolareggiata del centro storico. E’, infatti, un abitato antico, testimone nella storia dei continui contrasti fra castigliani e navarri. Da segnalare il “retablo” maggiore, in nero/oro della Chiesa parrocchiale de La Asuncion. Scopriamo, poi, che questo paese è conosciuto per la produzione delle ceramiche; si spiega, così, la cura nell’arredo pubblico. Anche nell’arte culinaria non manca di soddisfarci: cena in ambiente elegante, servizio fine, vino forte, piatti locali e prezzo modico; siamo pieni come bauli e beati come fanciulli che si affratellano nel silenzio della notte che tutto avvolge.

Gaetano Mercorillo