5 novembre 2022

DA MORTI A VIVENTI

XXXIIa Domenica  T.O. Anno C

La lezione della fedeltà alla legge di Dio

avviene come ai tempi di re Antioco quando: “… in quei giorni, ci fu il caso dei sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.” (dal secondo Libro dei Maccabei)
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Un’aria mortifera appesta i nostri giorni. Non dovuto ad alcun virus malefico, altri erano nei tempi andati, ma al veleno sempre più inoculato nelle menti e nei cuori di chi muore di paura di fronte alla malattia e alla disinformazione. Vogliono una umanità prona, funzionale al desiderio di dominio di una elite che non teme Dio, che si è venduta all’inquilino di sotto. Scriveva Isacco di Siria: “la vita in questo mondo è simile a coloro che si servono delle lettere per formare delle parole. Quando vogliono aggiungono, tolgono, cambiano lettere. La vita del mondo a venire, invece, è simile a ciò che sta scritto senza il minimo errore nei libri sigillati con il sigillo reale, in cui non c’è nulla da aggiungere, né manca nulla.” Infatti, avviene come ai tempi di re Antioco quando: “… in quei giorni, ci fu il caso dei sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.” (dal secondo Libro dei Maccabei)
Tutti e sette si rifacevano alla Legge scritta e, fedeli, si rifiutarono di oltraggiarla, accettando il martirio. Commovente è la figura della madre che accompagna e condivide le pene dei figli.
Da leggere l’intero capitolo per scoprirvi il profondo affidamento della vita di ciascuno a Dio, iniziatore della vita, a cui si ritorna per la pienezza della condizione filiale. Infatti, la nostra vita più vera è quella da figli del Padre, grazie al dono di Gesù nello Spirito Santo. La vita terrena va avanti anche senza la nostra consapevolezza, mentre quella dello Spirito è da accogliere liberamente, giorno dopo giorno, vivendo nella sua pace con amore, gioia, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Dalla morte alla vita, è in questo passaggio che avviene la concretizzazione della fede donata, come dice San Paolo: “… e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede, infatti, non è di tutti.” (dalla seconda Lettera ai Tessalonicesi)
Senza illudersi, comunque, più di tanto circa gli uomini corrotti e malvagi. Nella mia non più breve esistenza ho ben capito che con questi bisogna conviverci, nei limiti del possibile, per me, combattendoli con la testimonianza di un altro stile di vita, quello che viene dalla sequela a Gesù Cristo. Lui ci educa, ci insegna l’umiltà e ci incoraggia a camminare su questa. Ci ricorda che con i piccoli passi possibili potremo arrivare all’abbraccio con il Padre: “… tieni saldi i miei passi sulle tue vie e i miei piedi non vacilleranno.” (dal Salmo) e aggiunge: “custodiscimi come pupilla degli occhi, all’ombra delle tue ali nascondimi.”
Queste figure retoriche sono quanto di più tenero ci si possa aspettare dal nostro Dio che è veramente Buono, ma soprattutto amorevole come la madre di quei sette fratelli. San Bernardo, a conferma, ci ricorda che “sebbene, infatti, la creatura ami meno, perché è inferiore, se tuttavia ama con tutta se stessa, non le resta nulla da aggiungere. Nulla manca dove c’è tutto.”
In forza di questa certezza possiamo, allora, ascoltare il Vangelo di oggi: “… i figli di questo mondo … che sono giudicati degni della vita futura … non possono più morire … sono figli di Dio.” (dal Vangelo secondo Luca)
Quindi, la morte corporale, tanto osteggiata dal mondo, ma imposta per chi non più utile al mainstream, tanto affliggente, quanto coccolata da San Francesco, ci viene ad accompagnare verso la vita, purché: “quando il peccatore riconosce la sua colpa, allora la grazia divina fa nascere una così grande contrizione, compassione e vera sete di Dio che il peccatore, immediatamente liberato dal peccato e dalla pena, è sollevato.” (Giuliana di Norvwich) Sollevato come Gesù, là sulle nostre croci, annichiliti sulla nostra morte, lasciati nel nostro sepolcro, per poi risalire, ritornare ad essere, infine, figli di Dio, perché: “Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per Lui.” (dal Vangelo)
Questo, infine, è il punto, stiamo vivendo per Lui o facciamo finta?
Ricordiamolo, innanzitutto a noi stessi, se crediamo nel Vangelo della Vita.

2Mac 7,1-2.9-14 / Sal 16(17) / 2Ts 2,16—3,5 / Lc 20,27-38
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