11 luglio 2020

LE PARABOLE DEI POVERI


XV Domenica T.O. (Anno A) 

Ci sono due modi con i quali Dio si rivolge a ciascuno di noi: la Parola e la Persona di Gesù. La potenza della Parola non ha limiti, una sola sillaba può trasformare un’esistenza, così come un intero capitolo di un profeta o di un Vangelo, se letto come un saggio o un romanzo, può lasciare il tempo che trova. Però, è anche vero che pur se un quotidiano ascolto o lettura della Parola può rientrare in una routine, alla fine quell’appuntamento è come l’acqua che diamo ogni giorno ai nostri fiori sul terrazzo. Senza, soffrirebbero e cesserebbero di esternare la loro bellezza:
“…così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non tornerà a me senza effetto.” (dal Libro del Profeta Isaia)
Mi piace il paragone con i fiori del balcone perché rappresentano il criterio con cui sono voluti, quello della cura, quello dell’attenzione.
Con gesti semplici, amorevoli, quanto bastano per ottenere il bello, oserei dire, la perfezione. E’ questo che Dio vuole da noi, cioè che rappresentiamo, nella sua creazione, il bello dell’esistenza umana, dell’armonia e della gratitudine verso la vita. In questa logica è tanto più apprezzata una risposta, povera ed umile, come quella che si legge nel Salmo:
“…per Te il silenzio è lode o Dio, a Te si sciolgono i voti. A te che ascolti la preghiera, viene ogni mortale.” (dal Salmo 64)
Si capisce allora perché l’Adorazione è il modo più diretto di rapportarsi con Dio, nel silenzio di noi stessi, delle nostre labbra, dei nostri pensieri, del nostro corpo, Egli sa cogliere i più profondi sentimenti che segnano la nostra vita. E’ come trovarsi con un foglio bianco in mano su cui il Buon Dio traccia le righe attraverso le quali, ogni giorno, scriviamo delle nostre ansie, delle nostre paure, dei nostri timori. Su quelle righe, stiamone certi, possiamo però anche leggere, come se fossero di inchiostro invisibile, le speranze, la voglia di sperimentarsi, il desiderio di ritrovare, nei nostri incerti passi, l’amore di Dio. Di sicuro lo ritroviamo nella persona di Gesù Cristo. Per questo San Paolo può scrivere:
“…gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.” (dalla Lettera ai Romani)
Certo che gemiamo, che soffriamo in foro interno per le difficoltà che incontriamo nella vita sociale, nella stessa vita della Chiesa, soprattutto. Noi, che abbiamo incontrato Gesù, che lo incontriamo nei Sacramenti, nei poveri, nei bisognosi, negli abbandonati, nei rifiutati, noi stiamo facendo tutto il possibile affinché il suo messaggio d’amore sia recepito, capito, amato?
“…perché a loro parli con parabole?...Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli…Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza, ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che  ha.” (dal Vangelo secondo Matteo)
Noi abbiamo già avuto tanto da questa vita che ci ha abbracciato con il Sacramento del Battesimo, noi siamo quelli che hanno e, se rifuggiamo dal peccato, riceveremo ancora tanto, ma, personalmente, mi sento ancora tanto povero che ho bisogno di quella Parola che si esprime in parabole. In Spagna, quando termina la proclamazione della prima e seconda lettura dicono: “Es la palabra de Dios”. Spero di ricordarmi bene la frase, ma “palabra” mi era rimasta impressa. Mi sollecita a rivedermi povero e bisognoso di particolare attenzione, per capire e trasformare la mia vita secondo gli esempi delle parabole che Gesù, incontrandoci nel Sacramento della Parola, ci suggerisce, rispettando la nostra povertà.
Is 55,10-11 / Sal 64(65) / Rm 8,18-23 / Mt 13,1-23

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