6 settembre 2019

LA RINUNCIA


XXIII Domenica T.O.(Anno C)

Chi di noi non è mai stato chiamato a rinunciare a qualche cosa per adempiere un dovere, un aiuto, un sostegno, una missione, rispondere ad una vocazione? Un sacerdote, un religioso, rinuncia alla famiglia per diventare discepolo di Gesù. Due giovani innamorati rinunciano ai loro agi di singoli per formare una famiglia ed ancor più quando arrivano i figli. Una donna che si accorge di aspettare un bambino rinuncia a tutte le sue aspettative di vita pensata in un certo modo pur di proteggere e far nascere la creatura: “… così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo.” (dal Vangelo di Luca).

Vista in questa ottica ecco che allora per seguire Gesù non bisogna dimenticarsi della propria madre o padre, moglie o marito, figli, fratelli o sorelle, perché questi non sono averi. Certo lo possono diventare se guardiamo a loro con la logica mondana dell’utilizzo, dello sfruttamento, del patriarcato o matriarcato, in tal caso davvero non potremo sperare di essere discepoli di Gesù. Infatti, cosa vuol dire essere discepoli se non vivere fino in fondo l’Amore Trinitario, l’amore che coinvolge a tal punto di divenire noi stessi parte attiva della Famiglia di Gesù, figli del Padre, nel sigillo dello Spirito Santo. Si capisce che vivere nel quotidiano questa condizione non è facile, ma tanti di noi possono condividere e sentire proprie queste parole:
“So soltanto una cosa: che tutto ciò che mi accadrà e che accadrà a tutti coloro che io amo, sarà secondo la volontà di Colui che vive in tutto ciò che ci circonda e nella mia anima. E tutto ciò che accade secondo la sua volontà è bene.” (L. Tolstoj)
Parole semplici e comprensibili oltre che profondamente stampate grazie ad una fede che fa riferimento alla sapienza: “…così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza.” (dal Libro della Sapienza)
E’ lo Spirito che ci guida, quindi, ci viene in soccorso quando meno te ne accorgi, che ci manda segnali a tutto spiano, ci plasma poco per volta per saper riconoscerci tutti quanti a nostra volta come discepoli, anche coloro che a prima vista possono darci fastidio o che sottovalutiamo: “… non più come schiavo (te lo mando), ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, sia come uomo sia come fratello nel Signore.” (dalla Lettera di San Paolo Apostolo a Filemone)
E’ questo l’esempio lampante del come l’Amore dei discepoli può trasformare l’uomo, il mondo, ecco come si è riusciti a cancellare la schiavitù dalle civiltà. Sappiamo, purtroppo, che non è una volta per tutte, perché il peccato, con il male che partorisce altro peccato, è sempre in agguato. Per questo: “… Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino, come l’erba che germoglia, al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca.” (dal Salmo 89)
In sintesi, non abbiamo tempo, i nostri anni sono brevi come i sogni che ci stordiscono e, pure, velocemente svaniscono. Siamo splendide promesse (di sicuro lo eravamo per i nostri genitori) ed in un attimo siamo decrepiti vegliardi. E’ la realtà, difficile da digerire, soprattutto se nel frattempo ci siamo lasciati seppellire da tanti averi. Ben venga, allora, la Parola del Signore a “scandalizzarci”, a spronarci affinché quanto prima ci si decida, una volta per tutte, a diventare seriamente suoi discepoli. E’ l’unico modo per accedere alla vita vera.
Sap 9,13-18 / Salmo 89(90) / Fm 9b-10.12-17 / Lc 14,25-33

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