25 gennaio 2019

LA DOMENICA DEL SIGNORE


Terza Domenica T.O.(Anno C)
Mi viene in mente quella canzone che diceva: “domenica è sempre domenica, si sveglia la città con le campane…”, famosa ai tempi del “Musichiere”, mentre si soffermano gioiose immagini di persone che vanno verso la chiesa per la Messa. Poi mi scuoto e rileggo le Parole di Neemia:
“…questo giorno è consacrato al Signore, non fate lutto e non piangete.”
E’ bastata una generazione per rendere la domenica il giorno del consumo, dello svago, dello sballo. Tranquilli, al lutto chi ci pensa più, a maggior ragione il piangere è da escludere per lasciar posto ad un divertimento solo fine a sé stesso. Al Signore, al giorno a Lui consacrato non ci pensa quasi più nessuno. La creazione, però, quella non molla e continua a richiamare, con le sue meraviglie, alla contemplazione del creato quale opera di Dio:
“…i cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia.” (dal Salmo)

Allora, noi, che non vogliamo e possiamo rinunciare alla gioia di onorare il Signore nella sua liturgia, affianchiamoci a quell’inno della natura, consapevoli che la Chiesa ha una sua specifica Missione. “La Chiesa è missionaria o non è: non si tiene una fiaccola sotto il moggio. E’ proprio della comunità dei credenti dire al mondo ciò per cui vale la pena vivere, amare, soffrire, morire. Rendere vivo e reale l’incontro fatto personalmente e comunitariamente con chi ha promesso la felicità qui e la vita eterna” (Monica Mondo).
Per fare questo ciascuno ha il suo specifico compito nel corpo mistico. Ce lo ricorda San Paolo nella prima lettera ai Corinti:
“…Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, poiché nel corpo non vi sia divisione, ma anche le varie membra abbiano cura le une delle altre.”
Perciò nessuno si tiri indietro, lasciando intendere che se non ci pensano i preti, il vescovo, il papa cosa vuoi che possa mai fare io, povero e umile fedele senza arte né parte. E’ proprio qui il punto: non è vero che ci sono membri importanti che possono fare a meno di altri meno importanti. Per andare avanti, si va avanti insieme o si resta fermi, cioè si resta nel peccato. Gesù è venuto al mondo per guidarci, Lui è il capo di questo corpo, del suo corpo:
“…lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore.” (dal Vangelo di Luca)
Conosce bene le scritture, conosce bene la gente, il popolo di cui fa parte, perciò sa bene che riproporre la profezia di Isaia con riferimento alla sua persona è dirompente. Lo è ancora anche per noi perché alzandoci dai banchi, ricevuta la benedizione, uscendo dalla nostra chiesa, non potremo più fare finta di niente. Siamo anche noi mandati ad annunciare la Buona Novella ai poveri, a tutti quelli che sono poveri perché lontani dal vero tesoro che è la fede in Dio; siamo anche noi chiamati a proclamare la liberazione ai prigionieri dal consumismo, dall’egoismo, dall’ignavia di fronte ai peccati del mondo, alla violenza contro la vita; siamo anche noi invitati ad aprire gli occhi di chi non vuole o può vedere tutto il male che ci circonda; siamo obbligati anche noi a tendere una mano per rialzare chi è caduto, chi è oppresso dal proprio peccato; siamo anche noi chiamati a fare festa presso la Casa del Signore, che sia nell’anno di grazia, o nella domenica del Signore. E tutto questo solo e in forza del mandato che ci viene dal capo della Chiesa, Gesù Cristo nostro Signore.
Ne 8,2-4°.5-6.8-10 / Sal 18(19) / 1Cor 12,12-30 / Lc 1,1-4;4,14-21

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