4 giugno 2016

LA RESTITUZIONE

Decima domenica del Tempo Ordinario
“…ed Egli lo restituì a sua madre.” (Lc 7,17). E’ evidente, Lui restituisce la vita, sacrificando la sua per noi, e noi cosa restituiamo al Padre, attraverso il Figlio?
Attenti bene:
- Elia restituisce il figlio neonato alla donna (Primo libro dei Re: “Elia disse: “guarda tuo figlio vive.”)
- Il Signore Dio, nel Salmo, ci restituisce la buona salute (…Signore mio Dio
Santa Gianna Beretta Molla
a Te ho gridato e mi hai guarito).
- San Paolo viene restituito alle genti (Galati:“si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi alle genti”).
- Gesù restituisce il figlio morto alla madre (Vangelo:“ragazzo dico a te, alzati”).
Ergo, il Signore Dio è il “padrone della vita”. Lui solo può darla, Lui solo può reclamarla, Lui solo può donarla, perché Lui è il Dio dei viventi.
E’ Dio, è Padre, che vive nell’Amore per le sue creature, che chiama fin dal seno della madre (Gal).
Ci rendiamo conto di ciò che è la creazione? Di questo Dio che ha compassione? Di questo Padre che sacrifica il Figlio? E di questo Figlio che fa la volontà del Padre perché loro sono una cosa sola?
Di questo Dio che non ci abbandona nella sofferenza e manda lo Spirito Santo per sostenerci nell’opera dell’annuncio della salvezza e della sacralità della vita, anche della più piccola ed invisibile ai nostri occhi come quella sbocciata al concepimento nel grembo di una madre?
Un annuncio che necessita della condivisione, qui in terra, dell’accoglienza fra noi di ogni maternità, della cura, dell’accompagnamento, soprattutto quando in difficoltà ed in solitudine.
Noi siamo chiamati, in questi casi, a restituire il figlio, sotto rischio di aborto, alla donna, come fece Elia. E forse qualcuna potrà anch’ella dire… “ora so che tu sei un uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità”. (1Re)
D’altra parte è proprio quello che è successo a San Paolo quando dice… “ma quando Dio mi scelse fin dal seno di mia madre…”, cioè come tutti noi siamo già amati fin dal seno di nostra madre, anche quando ancora non sapeva che esistevamo. Come si può allora non gridare, o uomini di Chiesa, giorno e notte, sui tetti, nei parlamenti, per le strade, dai pulpiti, in televisione, continuamente 24 ore su 24 ore, questa verità? Ci sta bene “restituire” a Lui, così, nei sacchi d’immondizia, quei suoi figli triturati da mani assassine negli ospedali, nei grembi delle loro madri, nell’indifferenza dei loro padri, nel godimento dei senzadio?
E’ vero il Signore ha “compassione” come per la vedova di Nain ed ecco, così, con il suo sacrificio sulla croce, e solo con quel sacrificio che si rinnova ad ogni Eucaristia, ci viene restituito ciò che noi abbiamo perso, ciò che noi abbiamo deciso che non vale più niente, perché convinti noi stessi di valere più di Dio, di voler fare della nostra vita il centro, attorno a cui tutti gli altri devono ruotare.
Ecco, così ci viene restituito ciò che noi abbiamo smarrito nelle condizioni esistenziali di ferite, di malavita, di disprezzo, di false credenze, di false promesse, di morte…e ci fa capire che da quelle condizioni si può rinascere, purché si capisca la missione che Gesù Cristo ci ha assegnato.
Perciò quei “figli morti” siamo noi, perciò ha compassione di questa umanità, perciò ci dice “dico a voi, alzatevi”. E ci restituisce a questa umanità. Andiamo a dirlo alle genti, per portare le genti alla vita, quella che deve nascere e a quella che ci aspetta nell’eternità.
1Re 17,17-24 / Sal 29 (30) / Gal 1,11-19 / Lc 7,11-17

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